giovedì 6 gennaio 2022

Michele epifanio


L’amaca
Conversazione con un alce

di Michele Serra

Lo scatto di nervi di Macron contro i No Vax non si addice a un capo di Stato, ma esprime un sentimento largamente diffuso. Di fastidio se non di ripulsa nei confronti di chi antepone le proprie scelte, le proprie ansie o semplicemente i propri comodi (vedi il tennista Djokovic) al vincolo di responsabilità che ci lega gli uni agli altri, specie sotto emergenza. Difficile immaginare una divisione più netta e più drammatica tra “io” e “noi”: anche per questo la questione dei vaccini è diventata, in tutto il mondo, fortemente politica.
Non che il “noi” non possa essere opprimente. Lo è. Lo è come ogni famiglia, ogni caseggiato, ogni società, ogni raggruppamento che levi all’io almeno una parte della sua presunzione di illimitatezza. Così come non posso/devo suonare la batteria alle tre di notte, a meno che non abiti da solo su un cocuzzolo, non posso/devo entrare in un luogo pubblico senza essermi sottoposto a quella drastica riduzione del rischio di contagio che è il vaccino. È una questione di buona educazione, direbbero le vecchie zie.
Chi non comprende questa regola ha qualche problema a conciliare il proprio ego con l’esistenza degli altri.
Non per caso Macron ha definito i No Vax «non cittadini». Concetto, in Francia, di particolare severità. La cittadinanza è un insieme di diritti e di doveri, gli uni insignificanti senza gli altri. Prevede regole, molte delle quali noiosissime, senza le quali l’individuo deborda. Si chiama: vita sociale, è faticosa, aggrava di non poco il nostro percorso, ma infine è ciò che produce civiltà, reddito, cultura, progresso. È lecito non amarla, la società. Ma allora si va a vivere in una capanna di tronchi in Alaska, dove nessuno ti rompe le scatole però, bene che vada, puoi fare conversazione con un alce.

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