Fare finta di niente
di Michele Serra
Berlusconi non è candidabile non perché sia di destra.
Ma perché è Berlusconi.
Colpisce che nessuno, tra i numerosi attori della scena politica, lo dica con chiarezza. Tirano in ballo il fatto che «è un leader di partito»: come se un impedimento normativo, o una diminuzione delle facoltà umane, negasse a un uomo di parte la possibilità di assumere un ruolo super partes, così come è avvenuto a ripetizione nella storia del Quirinale. Sono stati quasi tutti uomini di parte e di partito, i nostri presidenti, prima di salire al Colle.
No, non è il suo essere di parte a rendere inaccettabile, anzi inverosimile, la sua candidatura. È ciò che è stato, ha detto, ha fatto. Il primo antipolitico e il primo populista d’Italia, il primo sdoganatore del neofascismo, l’Unto dal Signore (definizione sua), l’Egolatra, il Caimano, il monopolista della comunicazione in vergognoso conflitto di interessi, il creatore di un bipartitismo paranoico (il «partito dell’amore», lui, contro il «partito dell’odio», gli altri) che spaccò il Paese, lo spregiatore del «teatrino della politica» che ora pretende di diventarne il primo rappresentante, il compratore di sentenze e di senatori: l’elenco di sbreghi al costume repubblicano, alle leggi, alla misura umana, è talmente lungo che non basterebbero cento Amache per contenerlo.
E le «cene eleganti» sono appena un topolino al cospetto della montagna di offese, volontarie e involontarie, inferte alla Polis.
Ma dove sono vissuti, nell’ultimo decennio del secolo scorso e nel primo di questo, gli attuali attori della scena politica? C’erano o vivevano altrove? Sanno chi fu Berlusconi, o fanno finta di non saperlo per coprire qualche carta, coltivare qualche rapporto?
Ma la politica è per davvero questo ininterrotto far finta di niente?
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