lunedì 10 gennaio 2022

Meditativo

 

Olimpiadi a Pechino, Mondiali in Qatar
lo sport gioca insieme ai diritti negati
di Giorgio Cimbrico
Da qualche giorno è partito l'anno che, dal suo alfa all'omega, presenterà in cartellone due esempi di sportswashing, la specialità lanciata da chi, con il denaro e le alleanze giuste - e facili da trovare - garantisce di darsi una ripulita, accantonando i "noiosi" interrogativi sui diritti umani e civili negati, sulle uguaglianze, sulle pari opportunità. Sul concetto di libertà e di democrazia.

Si comincia tra meno di un mese con l'Olimpiade invernale di Pechino (notare bene: l'unica città ad aver avuto i Giochi nei due formati "stagionali"); si chiude, da novembre, con la Coppa del Mondo di calcio in Qatar. La non Santa Alleanza tra regimi e potere finanziario procede, e lo sport è disposto a fornire la materia prima: le competizioni e gli atleti. Il Cio, le federazioni internazionali, i grandi sponsor, le corporazioni televisive, i network delle comunicazioni sono i primi e più convinti alleati in queste operazioni. I Giochi "bianchi", che dal 2002 hanno avuto un incremento del 40% delle gare previste nel programma trasformandosi in una mostra-mercato dell'attrezzatura sportiva, affronteranno un boicottaggio di facciata, quello diplomatico: alla cerimonia inaugurale assenti i vertici politici di Stati Uniti, Canada, Australia, Gran Bretagna. 
Un elemento impalpabile.Dal 2008 dei Giochi estivi nel Nido d'Uccello e dintorni in Cina non è cambiato nulla e, semmai, la situazione è peggiorata: prosegue la privazione dei diritti più elementari e la persecuzione della popolazione musulmana degli Uiguri nella regione dello Xinijan, il vecchio Turkestan, una situazione che fu al centro di aspre polemiche - e di minacce di boicottaggio, rientrate - già quattordici anni fa. 
A questa situazione si è aggiunta la repressione nei confronti di chi tenta di difendere la residua autonomia di Hong Kong e negli ultimi mesi le mire espansionistiche su Taiwan si sono fatte più incalzanti. Dell'occupazione del Tibet, e della distruzione della cultura tradizionale, non parla ormai più nessuno: dal '48 ne è passato di tempo. Qualche storico ricorda lo scenario pre Giochi di Berlino 1936: anche allora nessuno boicottò.

Altra zona geografica e altro tipo di regime: consultando i dati forniti da agenzie umanitarie è possibile scoprire che dal 2010 in Qatar hanno perso la vita 6500 lavoratori provenienti da India, Bangladesh, Pakistan e Nepal. Sconosciuto il numero di vittime di altri Paesi - Filippine, Sudan - che all'emirato forniscono massicce quote di forza lavoro e di quanti abbiano avuto incidenti mortali nella costruzione del sistema di stadi che ospiterà una Coppa del Mondo collocata, per ragioni climatiche, in una stagione mai sperimentata, con rivoluzione dei calendari dei campionati tradizionali. Tutto accettato da chi governa il calcio e programma un'ulteriore anabolizzazione della rassegna.Chi ha molto denaro ed è disposto a investirlo trova nello sport terreno fertile e un ambiente superbamente tollerante. L'Arabia Saudita, che da lunghi anni bombarda e affama la popolazione dello Yemen, è entrata nel circo della F1, ha programmi che investono altri orizzonti e di recente ha piantato un'altra bandierina sulla Premiership mettendo le mani sul Newcastle United.Un ritorno marcato del mondo occidentale nel futuro vicino - Olimpiadi estive in successione a Parigi, Los Angeles e Brisbane, invernali a Milano-Cortina - è il segno di un ritorno su rotte più tradizionali, meno spregiudicate? O è il risultato di una crisi di "vocazioni" che ha reso sempre più scarno il numero delle candidature?

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