Mette tristezza ritrovarci qui
di Michele Serra
Non è la rabbia, sentimento sopravvalutato, è la tristezza a governare questa vigilia quirinalizia. La vanità di un vecchio (Berlusconi, 85 anni) segna la scena al punto di costringerci a tornare a una domanda stravecchia, che credevamo dimenticata, e cioè se per caso ce lo meritiamo, Berlusconi: e sicuramente se lo merita la mezza Italia che lo ha amato, assecondato, blandito, e tutt’ora gli fa da corte. Glielo augureremmo vivamente, come presidente, ai nostri fratelli di destra, se lo meritano così come meritano il ridicolo, il sospetto di non avere etica pubblica, il discredito internazionale. Sì, glielo augureremmo, non fosse che in questo Paese abitiamo anche noi.
Secondo le cronache sarebbe il trio Verdini-Dell’Utri-Confalonieri, pregiudicato per i primi due terzi, ad architettare questa estrema botta a un passo dalla fine. Verdini, 71 anni, è il teen ager della situazione, gli altri due sono over 80, quando ci dicono che la sinistra è novecentesca possiamo far notare quanto bacucca, o in ostaggio dei bacucchi, sia la destra. Mette tristezza che i due quasi giovani capi populisti, il Salvini e la Meloni, si siano sottomessi, non importa se per opportunismo o per mediocrità, al capriccio di un vegliardo. Mette tristezza che il resto d’Italia al completo non abbia altro da dire che Draghi, Draghi, Draghi, valentuomo dell’establishment europeo (per fortuna che c’è), come per ammettere che senza di lui non c’è partita, non c’è salvezza, non c’è Italia: ma esistevamo, prima di lui, o eravamo solamente uno scherzo di natura?
Mette tristezza lo squallore della tratta dei voti, la riconoscibilità della scheda (tipica del voto di scambio, del ricatto mafioso), mette tristezza ritrovarsi nel 1994 essendo il 2022.
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