sabato 22 gennaio 2022

L'Amaca

 

Il brevetto dell’immortalità
di Michele Serra
Grazie a un cocktail di biotecnologie e di miliardi, Jeff Bezos sostiene che è possibile allungare la vita (di chi?) almeno di cinquant’anni. Tanto basta ai media di mezzo mondo, che non hanno alcun bisogno di essere oliati per sembrarlo, per tirare in ballo il concetto, piuttosto impegnativo, di “immortalità”.
Credo sia evidente a tutti che tra un bacucco pieno di quattrini che riesce a tirare le cuoia più tardi del previsto, magari senza cambiare troppe volte la dentiera, e l’immortalità, c’è la differenza che separa un peto dal big bang. Allungare la vita (di tutti, però) è una bella impresa e una nobile missione, purché si sappia, in partenza, che siamo solo una scimmia particolarmente perspicace e longeva: ma in rapporto ai tempi cosmici, e alle dinamiche celesti, siamo un segmento ridicolo, una specie di interpunzione che le galassie riescono a registrare a fatica: non solo Jeff Bezos, perfino Shakespeare si perderà nell’infinito. Muoiono i pianeti, muoiono le stelle, vuoi che si possa brevettare, dopo l’automobile che distingue da sola il semaforo verde dal rosso, anche l’immortalità? Ma mi faccia il piacere! (Urge un incontro, reso possibile dal metaverso o altri trucchi, tra Bezos e Totò. Sarebbe la gag del millennio…) Non sono religioso — non in senso classico, insomma — ma c’è qualcosa di veramente blasfemo in questa idea che basta volerlo, basta desiderarlo, soprattutto basta la carta di credito, e tutto è possibile, anche la vita eterna. Troppi quattrini danno alla testa, non c’è niente da fare. Fatemi conoscere un miliardario che ragioni come Seneca, e mi ricrederò.

Nessun commento:

Posta un commento