Marina B. invoca regole, ma soltanto per gli altri
DI GIANNI DRAGONI
Marina Berlusconi sul Corriere della Sera di domenica è andata all’attacco dello strapotere dei colossi digitali, osservando che “le prime cinque Big Tech messe assieme – Nvidia, Microsoft, Apple, Alphabet e Amazon – sono arrivate a superare il Pil dell’area euro”. “Noi editori tradizionali paghiamo le tasse, rispettiamo le leggi, tuteliamo il diritto d’autore e i posti di lavoro”, dice la presidente di Fininvest e Mondadori. “Eppure, quasi due terzi del mercato pubblicitario globale vengono inghiottiti dai colossi della Silicon Valley, che fanno esattamente il contrario”, sono “gente che se ne frega”.
Adesso che i ricavi del gruppo sono intaccati dai colossi del web la figlia di B. chiede regole: “La politica deve impedire eccessive concentrazioni di potere”. Ma, in passato, la famiglia Berlusconi si è opposta a norme che limitassero il predominio di Mediaset.
La legge Mammì del 1990 che imponeva a Silvio Berlusconi di cedere Il Giornale perché aveva tre reti tv fu aggirata con la “vendita” al fratello Paolo; la Maccanico del 1997 che imponeva a Mediaset e Rai di non superare il 30% delle risorse è stata sistematicamente violata senza che l’AgCom applicasse sanzioni; la legge Gasparri nel 2004 ha salvato Rete4 che doveva finire sul satellite e ha messo al sicuro i ricavi Mediaset inventando il Sic, un contenitore che include tutti i ricavi dei media: pubblicità di tv e giornali, canone Rai, pay tv, ricavi da vendite di quotidiani, cinema e sponsorizzazioni. Il Sic è così alto che nessuno supera il tetto del 20%: ma il limite è del 10% per Tim, norma voluta da Mediaset che ha impedito a Vivendi di scalare Mediaset, fu stoppata nel 2017 dalla solita AgCom. Quanto all’italianità, Mediaset nel 2021 ha trasferito la sede legale in Olanda. A proposito di “gente che se ne frega”…
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