venerdì 7 aprile 2023

Boom!

 

Renzi direttore perché detesta l’informazione
DI DANIELA RANIERI
La battuta è scontata ancorché doverosa: Renzi odia talmente la stampa che ha deciso di diventare direttore di un giornale. Direttore editoriale, beninteso, perché per fare i direttori responsabili bisogna essere, oltre che responsabili, anche giornalisti, una delle poche cose che Renzi non è. Leader per così dire di partito, scrittore, documentarista, insegnante (alla Stanford University!), consulente, conferenziere a gettone, intervistatore di dittatori e nel tempo libero senatore, da oggi Renzi è anche direttore di testata, ricordando molto Alberto Sordi nel film di Carlo Verdone in cui fa l’avvocato, il dentista, il maestro di danza classica e il coreografo (e in realtà è un mitomane in crisi di identità).
Così, mentre la redazione del Riformista con l’ex direttore Sansonetti viene traslata all’Unità (il giornale fondato da Antonio Gramsci che ha cominciato a morire non appena Renzi lo ha sfiorato per poi spegnersi tra i rantoli quand’era ormai ridotto a un Pdf online), Renzi va a dirigere il giornale di proprietà del co-imputato del babbo nel processo Consip, Alfredo Romeo, che ha comprato anche l’Unità (le ceneri di Gramsci si rigirano nell’urna), e lo fa da parlamentare in carica, sebbene part-time (ha il 59% di assenze).
Sull’emolumento Renzi glissa (non è uno attaccato ai soldi), ma del resto tutta l’operazione è stramba, a cominciare dal nome: cos’avrà mai di riformista un giornale che se ne frega di raggiungere gradualmente il socialismo e ha lo sputtanamento dei pm come ragione sociale?
A dire il vero una certa praticaccia editoriale Renzi può vantarla: negli anni 90 è stato caporedattore di Camminiamo insieme, praticamente il New York Times degli scout; nel 2003, dopo anni di co.co.co., fu assunto nella ditta del babbo che si occupava di distribuzione dei giornali, qualche giorno prima di candidarsi come presidente della Provincia, maturando così il Tfr – tu guarda a volte le combinazioni. Come non ricordare, poi, la gloriosa rubrica di lettere “Caro segretario” sulla martoriata Unità? Una carriera coronata alla Leopolda del 2015, quando lanciò il contest “Il peggior titolo di giornale”, incidentalmente tutti giornali che criticavano il referendum con cui cercò di rifilarci la Costituzione fiorentina in luogo di quella vera (modestamente, vincemmo noi del Fatto). Sarebbe come se andasse a dirigere Mediaset perché da giovane ha partecipato alla Ruota della Fortuna.
È vero che negli anni d’oro del neo-Rinascimento toscano, e tanto più dopo aver abbandonato la politica nel 2016, Renzi è stato direttore-ombra di 3 o 4 quotidiani d’establishment, i cui cronisti – avendo egli più amici nelle redazioni che elettori – lo intervistavano a giorni alterni per fargli commentare cruciali questioni d’interesse nazionale ed estero, tipo l’accanimento dei magistrati contro di lui al fine di rovinarlo politicamente (come no: per bloccare la rimonta di Italia Viva dal 2 al 4%), ma da oggi il Paese avrà un canale diretto ai pensieri di questo politico schivo e defilato.
La linea editoriale sarà presumibilmente un mix tra le sue newsletter, con tutte le sue ossessioni (Conte, Reddito di cittadinanza, garantismo, Sesto Polo detto Terzo Polo, etc.) e i temi cari al Riformista (lotta ai magistrati, “Mani Pulite colpo di Stato”, etc.), fortuitamente di proprietà di un imprenditore a processo per corruzione (“un galantuomo”, secondo Matteo).
Renzi ha promesso: “Continuerò a fare il mio lavoro di parlamentare d’opposizione e a intervenire in aula”, naturalmente facendo la spola con Riad, “ma ci metto sopra un carico da 90 come quella di fare un’operazione che serve al Paese”. Altroché. In attesa che il partito Azione-Iv raggiunga il 30% (povero Calenda lui al proggetto ci credeva), chissà se si terrà alcune vecchie firme, menti del calibro di Maria Elena Boschi, Luigi Marattin, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro (questi ultimi condannati rispettivamente a 8 e 9 ergastoli, compreso quello per la strage di Bologna), o se ripartirà ex novo con una redazione mista ergastolani-incensurati (s’è già fatta avanti la Santanchè, ma Renzi ha detto di preferire Briatore). Chissà chi sarà il direttore responsabile (consiglieremmo Verdini), giacché serve uno che si prenda le querele al posto di Renzi, che ha l’immunità. Bella mossa, per uno che si vanta di essersi rifatto le aiuole della villa con le querele ai giornalisti, anche se ultimamente la pratica è poco remunerativa: il Tribunale di Firenze ha respinto una sua querela al Corriere chiarendogli che “non deve usare i tribunali come bancomat”; un’altra giudice lo ha condannato a risarcire Marco Travaglio con 42 mila euro spiegandogli che “solo nei regimi totalitari la satira è vietata”. A proposito, speriamo che Renzi non si esporti in cambio di petrodollari anche in questa nuova veste, considerata la fine che fanno i giornalisti in Arabia Saudita.

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