Je suis Lolló
di Marco Travaglio
Combattenti di terra, di mare, dell’aria; fondi neri della rivoluzione e dei condoni; fratelli e sorelle d’Italia, cognati dell’Impero di Melonia e del Regno di Lollobrigidia; ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra Patria. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori del Fatto Quotidiano. Scendiamo in campo contro la vignetta plutocratica e reazionaria di Natangelo! La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti: vincere! E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace senza satira all’Italia, all’Europa, al mondo”. Seguono i dispacci del Signor Presidente del Consiglio, delle Loro Eccellenze il Presidente del Senato, il Ministro della Cultura e la Pregiudicata Montaruli, degli oppositori di Sua Maestà Calenda, Renzi, Boschi, Serracchiani, Malpezzi, Morani, Fornaro, il patriottico sdegno dei fucilieri del Minculpop.
Anche stavolta Natangelo è riuscito a provocare reazioni ancor più comiche (ma rivelatrici) della sua vignetta. La satira pretende intelligenza sia da chi la fa sia da chi ne fruisce. E chi non capisce una battuta – o finge, dimenticando tartufescamente le nipoti di Mubarak, le cene eleganti, le patate bollenti e le tirate contro la “dittatura del politicamente corretto” – ne moltiplica l’effetto. Il trust di cervelli che sgoverna l’Italia o finge di opporsi si straccia le vesti per una presunta “vignetta sessista contro Arianna Meloni”, sorella della premier e moglie del ministro Lollobrigida. Ma il bersaglio era il marito, il Cognato d’Italia, preso in castagna – come solo il linguaggio satirico può fare – su ben quattro circostanze: essere ministro per motivi famigliari; essersi infilato, come la prima gallina che canta, nelle maldicenze sul vero padre del figlio di una sorella d’Italia (quando avvertì i giornalisti: “Vediamo chi sarà il primo a farne il nome”); essere l’autore della sparata sul figliare contro la “sostituzione etnica”; appartenere a una (in)cultura ossessionata dall’uomo nero che ci ruba il lavoro, la roba e le donne (tutt’uno con la roba). Se il maschio nel letto fosse stato bianco anziché nero, lo sdegno si sarebbe almeno dimezzato. Ma “la satira è un punto di vista con un po’ di memoria per liberare le persone dai pregiudizi imposti dai marketing politici, culturali, economici e religiosi” (Luttazzi). E svela il punto di vista sia dell’autore sia del lettore. Infatti la figura positiva della vignetta, la moglie, viene scambiata per vittima da chi pensa che il gallo italico sia un playboy da invidiare e la donna che gli rende pan per focaccia (con un “negro”, poi) sia una puttana. Una volta si diceva: “Se non lo capisci, ti faccio un disegno”. Ma questi non capiscono neppure i disegni: d’ora in poi solo vignette con la didascalia.
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