sabato 19 marzo 2016

Articolo meditativo


sabato 19/03/2016
FATTI CHIARI
Due o tre cose che è bene ricordare delle tv Mediaset
di Peter Gomez

Il suo braccio destro faceva affari con la mafia, quello sinistro corrompeva i giudici. Lo storico capo dei suoi lobbisti ha confessato di aver allungato una bustarella a un segretario di partito. Tra i suoi dirigenti c’è stato chi prima ha pagato tangenti a un ministro e poi, una volta entrato in politica, ne ha ricevute da un banchiere. Altri invece organizzavano colossali frodi fiscali tra Italia, Svizzera e Stati Uniti. Uno di loro riciclava i proventi di quei traffici. Mentre lui, il boss da tutti chiamato con ossequio “il dottore”, ne godeva i frutti non disdegnando pure, secondo una sentenza di primo grado, l’organizzazione di complotti parlamentari basati sul versamento in nero di milioni di euro. Oppure bonificando estero su estero decine di milioni dollari a chi aveva proposto e approvato leggi in suo favore.
Anche se ce ne siamo tutti dimenticati la storia di Silvio Berlusconi e del suo gruppo è questa qui. E non cambierà di una virgola se nei prossimi mesi l’amico di una vita Fedele Confalonieri e suo figlio Pier Silvio, riusciranno a ribaltare il verdetto d’appello che giovedì 17 marzo ha dichiarato pure loro colpevoli per un altro raggiro al fiscale. Ricordarlo e ricordarselo è importante. Non per condannare tout court le tv di Berlusconi, dove lavorano e hanno lavorato anche ottime persone. O per negare che le sue reti abbiano rivoluzionato in positivo il mondo del piccolo schermo italiano. Ma per tentare di capire chi siamo e da dove veniamo.
La tv privata del leader di Forza Italia ha contribuito a formare generazioni e generazioni di cittadini. Ha proposto modelli e valori. Ma noi, accecati come siamo dal presente, ora rammentiamo quasi solo le pupe e i tronisti, i varietà e i lustrini. Rivediamo alla moviola della memoria quei fotogrammi che nelle mente di molti hanno fatto passare un’idea di una società dove è possibile aver successo senza saper far nulla – nemmeno cantare o ballare – ma solo bucando il video. O ricordiamo i processi per le avventure scollacciate del fu Cavaliere e delle sue tante amiche. Ma rimuoviamo il resto. Eppure per capire come mai gli italiani siano rimasti un popolo dove i furbi sono troppi, dove l’antimafia non è un valore comune o dove chi non paga le tasse di fatto non subisce alcuna riprovazione sociale, bisogna passare anche da qui. Da Milano 2 e da Cologno Monzese.
Non basta dire che scontiamo il fatto di essere un Paese cattolico sempre pronto a ricordare ipocritamente il sesto comandamento (non commettere atti impuri) e a dimenticare o perdonare il settimo (non rubare). E non è sufficiente nemmeno pensare ad altre fondate ragioni storiche: la nazione giovane, lo Stato vorace, la democrazia per anni bloccata dalla presenza del più forte partito comunista d’occidente che negando ogni alternanza ci ha spinti al consociativismo. Noi siamo quel che siamo anche grazie alle tv di Berlusconi. Che quando devono e possono continuano a fare il loro lavoro. Come dimostrano oggi le inchieste a senso unico sulle condanne italiane per concorso esterno in associazione mafiosa trasmesse a puntate da Canale 5, che tanto interessano a Marcello Dell’Utri, e i servizi agiografici di alcuni tg su Guido Bertolaso, l’imputato proposto come sindaco di Roma. Una sofisticata macchina della propaganda mai finita in cantina che ora, assieme al suo fondatore, accarezza il sogno di essere ricordata come il diavolo di Baudelaire. Il demonio la cui astuzia più grande era quella di convincerci che non esiste e che non è mai esistito.

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