giovedì 4 gennaio 2024

A volte Cappellini...

 

Vittimismo, arrampicate e falsificazioni. Tre ore di puro melonismo. 

di Stefano Cappellini

Fronte aggrottata mentre ascolta le domande più sgradite, smorfie dopo le risposte più piccate, rimozioni, salti logici, reticenze, benaltrismi e qualche oggettiva falsità. Tre ore abbondanti di melonismo puro alla conferenza stampa di fine anno, ormai inizio, senza mai perdere la calma ma neanche la posa vittimista che è la cifra naturale della presidente del Consiglio: la destra discriminata, anche ora che tutto decide e dispone, i poteri occulti all’opera – Meloni torna a denunciarli ma poi aggiunge incredibilmente: non chiedetemi di essere più precisa – le accuse di doppio standard alla sinistra, nonostante la presidente del Consiglio dimostri di essere campionessa nell’uso dei due pesi e due misure. Picco la risposta sul caso Degni: parlando del magistrato della Corte dei conti, nei guai perché sui social si è espresso contro il governo, Meloni chiede alla sinistra se sia giusto che persone nominate in ruoli super partes si comportino da militanti politici, proprio lei che – solo per citare il caso più clamoroso e ferale per le istituzioni - ha insediato alla seconda carica dello Stato Ignazio La Russa, che rivendica il diritto di partecipare agli eventi di partito, il suo, e di intervenire nel dibattito pubblico con la medesima libertà di quando era un dirigente del Msi e di An.

Europa, guerre, banche

Meloni si appoggia spesso su dati errati, come quando rivendica all’Italia una crescita superiore alla media europea, e sposta l’asse delle risposte quando si rende conto che una replica centrata e pertinente la esporrebbe ad accuse di incoerenza o al contropiede degli avversari. Qui il capolavoro è il passaggio sulla disponibilità di Fratelli d’Italia a far parte della nuova maggioranza europea dopo il voto della prossima primavera. Lei risponde di no. Anzi, per non farsi scavalcare a destra da Matteo Salvini, aggiunge che continua a lavorare a una nuova, e fantomatica, maggioranza alternativa. Poi, però, spiega che è pronta a votare per la futura Commissione, come se le due questioni potessero essere distinte. Sofismi. Arrampicate. Equilibrismi. Solo sui teatri di guerra, Ucraina e Medio Oriente, le affermazioni sono nette e senza scappatoie. Non risponde sulla tassa sugli extraprofitti bancari, di fatto ritirata dopo i problemi in maggioranza, infilando solo una sequela di provvedimenti presi da altri governi e altre forze politiche a presunto vantaggio degli istituti bancari.

Mes e mistificazioni

Sul Mes se la cava con logica di pacchetto: pacchetto di mistificazioni. La prima è forse la più clamorosa: “Sulla ratifica del Mes non potevo che rimettermi all’aula”. Affermazione surreale in bocca alla leader del partito di maggioranza relativa, di cui lei è presidente e la sorella coordinatrice, e alla presidente del Consiglio di un governo che ha usato il Parlamento come un votificio ricorrendo con frequenza record a decretazione e fiducie, la stessa che all’inizio della discussione della manovra ha addirittura chiesto alla maggioranza di non presentare alcun emendamento. Improvvisamente, sul Mes il Parlamento diventa sovrano e non influenzabile. Ma Meloni fa di più e chiede: “Perché il governo Conte ha sottoscritto un accordo quando sapeva che non c’era una maggioranza in Parlamento per ratificarlo?”. Qui la confusione è doppia. Intanto perché si addebita assurdamente a un governo della passata legislatura di non aver tenuto conto dei numeri di un Parlamento, quello attuale, che non era ancora stato eletto. E poi perché Meloni dice comunque il falso: fu proprio il precedente Parlamento a invitare il governo a firmare il trattato che modificava il Mes con un atto formalmente votato dall’aula nel dicembre 2019. Anche sui balneari di fatto non risponde, come già sulle banche, rimuove i richiami di Mattarella e attribuisce al governo il merito di aver fatto il primo studio per verificare la compatibilità delle norme chieste dall’Europa con il quadro italiano. Si tratta, per capirci, dello stesso studio che, pur di dimostrare che non c’è scarsità del bene, e cioè che in Italia la quota di coste in concessione non è alta, ha riscritto la geografia aumentando di circa 3mila chilometri le coste nazionali: da circa 8mila km a 11mila.

Pozzolo e le nostalgie mussoliniane

Meloni dice di non condividere le accuse sulla mediocrità della classe dirigente di Fratelli d’Italia, ma poi in realtà la sposa in pieno anche perché capisce bene quanto possa aiutarla la narrazione della fuoriclasse circondata da incapaci: spiega dunque che non è disposta ad affrontare una vita che comporta responsabilità pesanti se gli altri intorno a lei non si dimostrano all’altezza di tali responsabilità. Come se i Pozzolo fossero arrivati in Parlamento a sua insaputa. Ovviamente non risponde alla domanda sulle nostalgie mussoliniane e le teorie no vax del deputato pistolero. È un metodo. Presentarsi sempre come la vittima, anche dei colleghi di partito.

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