lunedì 22 gennaio 2024

Grande Tomaso

 

Ci mancava questa: il male della scuola sono i disabili
INCREDIBILE EDITORIALE SUL CORRIERE - Solo in Italia, scrive Galli della Loggia, gli alunni normali stanno in classe con i “diversi”, per non parlare di tutti quegli stranieri...
DI TOMASO MONTANARI
“Per gli spartani / Una volta era uguale / Buttavano giù da una rupe / Quelli che venivano male”. Ci vuole la geniale stralunatezza di Franco Battiato per commentare l’ultima uscita del professor Ernesto Galli della Loggia sulla scuola. Questa volta, l’eterno editorialista del Corriere della sera si scaglia contro, parole sue, “il mito dell’inclusione. In ossequio al quale nelle aule italiane — caso unico al mondo — convivono regolarmente, accanto ad allievi cosiddetti normali, anche ragazzi disabili gravi con il loro insegnante personale di sostegno (perlopiù a digiuno di ogni nozione circa la loro disabilità), poi ragazzi con i Bes (Bisogni educativi speciali: dislessici, disgrafici, oggi cresciuti a vista d’occhio anche per insistenza delle famiglie) e dunque probabili titolari di un Pdp, Piano didattico personalizzato, e infine, sempre più numerosi, ragazzi stranieri incapaci di spiccicare una parola d’italiano. Il risultato lo conosciamo”. Per quanto uno si stropicci gli occhi, incredulo, quelle parole restano lì, nero su bianco: e il disprezzo che trasuda da ogni sillaba le fa risuonare nella testa con una serie di sinonimi atroci, che non si possono scrivere nemmeno per condannarli.
Si percepisce lo schifo fisico per i corpi diversi, l’orrore per una mescolanza “contro natura”. Imporre ai normali la convivenza regolare con gli anormali: ecco la colpa della scuola pubblica italiana. Per fortuna – corollario necessario e sottinteso –, i rampolli della classe dirigente destinati a reggere il Paese per diritto ereditario ormai studiano tutti nelle scuole private in cui i mostri, se ci sono, sono nascosti e separati. La franca brutalità, davvero spartana, del ragionamento ha almeno il merito di non lasciare sottintesi: fuori i disabili e gli stranieri dalla scuola! Vogliamo solo esemplari di pura razza italica, non difettati. Per gli altri, accomodarsi alla rupe, o ai campi di concentramento in Albania.
Chissà che direbbe il collega Galli della Loggia se mettesse piede nell’università in cui insegno, che è onorata non solo di esser piena di stranieri di ogni tipo e sorta, ma di contare due disabili, “anche gravi”, addirittura tra i ricercatori e docenti: che abisso, signora mia!
La Società Italiana di Psicologia Speciale ha risposto Galli della Loggia, seppur senza nominarlo: “Periodicamente, sui media, compaiono commenti e riflessioni anche di intellettuali sul complesso mondo della scuola, manifestando una ridotta conoscenza della stessa – affidandosi a euristiche del pensiero – e un rimpianto per modelli pedagogici che la ricerca scientifica nazionale ed internazionale ha mostrato ormai superati … Certamente, il percorso per la realizzazione di una scuola compiutamente inclusiva è ancora lungo, dovendo affrontare quotidianamente ostacoli e barriere di tipo fisico, didattico, relazionale e culturale. Riteniamo però che colpire in modo così indiscriminato il concetto e le prassi dell’inclusione, con poche righe scritte su un giornale, sia un attacco alle alunne e agli alunni, alle famiglie, agli insegnanti, alle associazioni e anche agli studiosi di scienze dell’educazione, che nel tempo hanno realizzato concretamente la storia dell’inclusione nella scuola italiana”. La Società sottolinea poi “il valore dell’inclusione, come orizzonte di senso e posizione etica ineludibile non solo per la scuola ma più in generale per la società odierna e del futuro”.
E questo è il punto: quale idea di mondo ha uno che scrive le cose di Galli della Loggia? Non lo sfiora l’idea che non solo l’inclusione è doverosa verso coloro che altrimenti sarebbero esclusi, e che invece il principio di eguaglianza – cardine della nostra Costituzione – tutela, ma che a beneficiare maggiormente di questa convivenza sono proprio i “normali” che gli stanno tanto a cuore. Se c’è una speranza di costruire un’etica delle relazioni non fondata sull’idea di successo, competizione, sorpasso e dominio quella speranza è proprio nella scuola: intesa come luogo di formazione della personalità morale e civile dei futuri cittadini sovrani. Una scuola che insegni a vedere nell’altro – qualunque sia il corpo che ha – una persona, unica e irripetibile. A considerare le persone, tutte le persone, un fine ultimo, mai un mezzo. Non c’è una educazione civica più grande dell’esperienza di fare un tratto di strada convivendo chi è, in mille modi, diverso. Certo, non è l’educazione che serve a quel dominio economico-militare dell’Occidente – bianco, maschio e “cristiano” – che Galli della Loggia considera sinonimo di civiltà. Anzi, è una educazione che serve a smontarlo: perché non insegna “l’arte di dominare sugli altri, non l’arte di governare, di uccidere, di accumulare terra e capitali … ma l’arte dei rapporti umani, l’arte di comprendere la vita e la mente degli altri” (Virginia Woolf). Tutte cose pericolose, vero, professor Galli della Loggia?

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