giovedì 25 gennaio 2024

L'Amaca

 

Né volgarità né autocensura
DI MICHELE SERRA
Grazie a un lungo articolo di Bettina Bush sull’ultimo Robinson ho capito meglio l’importanza della grande mostra genovese su Artemisia Gentileschi. Se ne era parlato soprattutto per l’accusa rivolta ai curatori da alcune studentesse, poi ripresa da alcune attiviste, di avere “spettacolarizzato” lo stupro subìto dalla grande pittrice con una sala dedicata a quel trauma.
La polemica è del tutto legittima (quasi tutte le polemiche lo sono), ma comporta almeno un paio di domande successive. La prima è se sia giusto e utile che soprattutto di quello si sia parlato, meno dell’opera di Artemisia. La seconda è se fosse proprio necessario che i curatori si giustificassero, come se la valutazione sul loro lavoro dipendesse solo da quella scelta e quella stanza: che non è un dettaglio ma nemmeno quanto basta a valutare una mostra così significativa, o peggio a renderla illecita.
Che le questioni e le sensibilità di genere siano di prima rilevanza è fuori di dubbio, ma di fronte a casi come questi il timore è che da una parte ci siano i Vannacci e i Bandecchi, che se ne fregano di ogni scrupolo “di genere” e ci sghignazzano sopra. Dall’altra si rischi una specie di timor panico di fronte al ruolo giudicante che non “i social”, come si dice sbagliando, ma gruppi combattivi e ristretti di persone tendono a esercitare nei confronti di questo e di quello.
A destra il gesto dell’ombrello, a sinistra e altrove un intimorito, esitante percorso segnato dal timor panico di dire o di fare qualcosa di sbagliato? La volgarità conclamata da un lato, l’imbarazzo e l’autocensura da quell’altro? Non è un assetto decente per una discussione così importante.

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