giovedì 7 dicembre 2023

Chapeau!

 

Il Pd ha svenduto Firenze spazi per una lista civica
DI TOMASO MONTANARI
Firenze, lo sai, non è riuscita a cambiare. Parafrasando Ivan Graziani, sembra essere questo il senso della canzone triste che il Pd e gli altri pezzi del potere fiorentino hanno intonato per l’ultimo, pericolante bastione di quella che un giorno fu la sinistra.
Dario Nardella ha scelto la candidata sindaco del Pd: la sua assessora Sara Funaro. Matteo Renzi ha risposto con un’altra candidata, Stefania Saccardi. Due donne: e sarebbe bello pensare che sia il segno dello scardinamento di un sistema di potere tutto declinato al maschile. Ma è vero il contrario, sono state scelte da maschi alfa per fare da paraventi a uno scontro tutto interno a un sistema che cerca disperatamente di resistere: in una logica patriarcale che fa torto innanzitutto alle figure delle due candidate.
A Firenze è come se Elly Schlein non fosse mai arrivata: ricordiamo che Nardella era in corsa come vicesegretario nazionale in tandem con Bonaccini; e già si dice che l’eterno Dario Franceschini abbia in mente proprio Nardella segretario, se Schlein dovesse arrendersi. E allora perché Schlein ha deciso di non governare questa partita cruciale? Forse perché il Pd fiorentino (un partito-sistema con molto da redistribuire) ha saputo cooptare anche gli schleiniani? In ogni caso, la prima dichiarazione di Funaro non lascia dubbi: “Non dobbiamo assolutamente avere paura di parlare di sicurezza, declinata in tre modi: presìdi sociali e culturali, lotta alle droghe, più forze dell’ordine”. Ricordate lo strepitoso Minniti di Crozza? “Non lasciamo il fascismo ai fascisti!”, ripeteva. Altro che La Pira: siamo in piena sinistra-di-destra.
Il Pd si sgola a dire che con Funaro si aprirebbe “una nuova stagione”. Che sia una balla, lo posso testimoniare personalmente. Qualche anno fa, dissi a Report che “Firenze è una città in svendita. È una città all’incanto, è una città che se la piglia chi offre di più, e gli amministratori di Firenze sono al servizio di questi capitali stranieri”. Una verità lapalissiana; non un’accusa di corruzione, ma la constatazione di una bancarotta politica. La reazione della giunta Nardella fu chiedermi i danni: 15.000 euro a testa, per un totale di 165.000. Finì ovviamente nel nulla, e sono gratissimo a quella giunta di sventati perché provocarono una straordinaria reazione di solidarietà. Ma l’episodio va rammentato, perché tra i querelanti c’era anche Funaro (e anche la sua attuale antagonista interna al Pd Cecilia Del Re, che ha chiesto a gran voce le primarie, poi negate): sia che credesse che la mia analisi fosse sbagliata, sia che abbia obbedito a Nardella, è evidente che non è da chi porta il dissenso in tribunale che ci si può aspettare un cambiamento di linea politica o un’autonomia culturale e politica. Eppure, puntare sulla continuità di questo sistema è una scelta davvero miope. Firenze è stata il laboratorio della definitiva mutazione del Pd, del suo abbandono di ogni connotato di sinistra, cioè di forza decisa a cambiare le cose dalla parte di chi sta sotto. Abbandonare Firenze a questa storia è un messaggio di rinuncia (reso più chiaro dalla candidatura di Nardella alle Europee) non rassicurante sulla capacità della segreteria Schlein di costruire un’alternativa credibile alla destra estrema che governa il Paese. In quasi tutti i capoluoghi della Toscana ha vinto la destra, e il futuro della stessa Regione è in bilico. Resiste, inerzialmente, Firenze: ma se la dirigenza Pd pensa solo alla propria perpetuazione, anche Firenze prima o poi cadrà. E forse già in queste elezioni, se alla fine Renzi e Meloni si salderanno (e se invece il prezzo della vittoria dovesse essere una nuova alleanza Pd-sauditi sarebbe forse perfino peggio).
A Firenze, Sinistra Italiana e altri pezzettini sono già saliti a bordo della generosa nave Pd. E ora i Cinque Stelle dovranno decidere se essere coerenti con le proprie idee, o sedersi anche loro a quel tavolo del potere. Se alla fine i candidati fossero Funaro per il Pd, Saccardi per Italia Viva e l’ineffabile direttore degli Uffizi Schmidt per la destra-destra, ci sarà molto spazio per una lista civica che raccolga le personalità e le forze che in questi anni si sono battute contro la fine di Firenze come città, l’eclissi della questione sociale, il turismo come puro consumo distruttivo, il patrimonio culturale come parco giochi dei ricchi. Sarebbe un segnale nazionale, e saremmo in tanti a impegnarci (io non come candidato sindaco: il mio mandato di rettore scade nel 2027), perché l’idea di società di Renzi e Nardella è quella del ‘si salvi chi può’, ed è ora di tornare alla visione di don Lorenzo Milani per cui “sortirne da soli è avarizia, e sortirne insieme è politica”. Firenze – la sua storia di solidarietà, il suo significato nazionale – è troppo importante per lasciarla ai giochi di potere di un pugno di politici senza politica.

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