domenica 14 maggio 2023

L'Amaca

 

L’amaca
Ci vorrebbe Lévi-Strauss

DI MICHELE SERRA

Nelle cronache (e nelle satire) sulle manovre di assestamento del nuovo potere, specialmente a proposito della presa della Rai, abbonda e anzi tracima il romanesco. Che è sempre stato, per ovvie ragioni geografiche, la lingua di palazzi e terrazze: a Roma hanno sede governo, sottogoverno, Parlamento, ministeri, la Rai e il gigantesco indotto che pascola nei pressi, mite e famelico.
Ma in questo caso la novità è anche etnica — proprio nel senso di Lollobrigida. Meloni e la sua cerchia sono una tribù locale, i cui confini geografici, nei giorni di sereno, sono interamente visibili dal Monte Soratte. Forse solo la Lega delle origini ebbe radici così ben fisse nella cultura e nel folklore di un territorio così ridotto, un paio di valli Prealpine, con la differenza sostanziale che quello meloniano comprende la capitale, quello bossiano poteva (e può) vedere Milano solo con il binocolo.
Questa spiccata, stretta lazialità risulta piuttosto remota agli italiani di altrove, che sono pur sempre una notevole quantità.
Servirebbe un traduttore, come fu per il gotico gutturale dei bossiani. In aggiunta, servirebbe un etnologo, una specie di Lévi-Strauss delle selve ciociare, o delle rovine romane, che affianchi il lettore per aiutarlo a interpretare, per esempio, la rete di amicizie e di legami del favorito per la direzione del Tg1, Gianmarco Chiocci, che in altri tempi avrei definito serenamente un fascistone, oggi apprendo essere un apprezzato punto di riferimento per le moltitudini: da Conte a Meloni.
Per uno non di Roma orientarsi è proibitivo, come perdersi a Bisanzio nei secoli della decadenza e chiedere ai passanti “la prego, mi indichi una stazione del metrò”.

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