Solo in Italia il divino B. poteva sfangarla così
DI MASSIMO FINI
Il redivivo Silvio Berlusconi è tornato all’onor del mondo e delle cronache anche per definire meglio quale sia l’identità di Forza Italia di cui è il capo indiscusso. Dice Berlusconi: “Siamo gli unici davvero liberali, cristiani, garantisti, europeisti, atlantisti”. Berlusconi oltre a essere capace di tutto (ma non “buono a nulla”, questo no) è in grado di interpretare tutte le parti in commedia. Cristianesimo e massoneria sono agli antipodi perché i massoni sono atei, ma lui riesce essere contemporaneamente cristiano e massone. Fregi massonici ha fatto mettere sulla tomba di famiglia ad Arcore. Quando il Psi fu travolto dalle inchieste di Mani Pulite quasi tutti i socialisti accorsero nelle file berlusconiane, contraddizione in termini perché un socialista può essere alleato di chiunque, anche dei nazionalsocialisti, ma non di un turbocapitalista. Parlando a quella platea di sbandati, Berlusconi disse: “In fondo io sono anche un po’ socialista”, provocando un fremito di stupore e anche di terrore perché quelli socialisti non erano più. Berlusconi è stato poi, di volta in volta, operaio, musicista, calciatore, allenatore, pianista, studente alla Sorbona e forse anche magazziniere.
Berlusconi aggiunge poi il suo eterno leitmotiv: “Sul piano dei consensi siamo stati penalizzati dagli effetti di una persecuzione giudiziaria nei miei confronti basata sul nulla e conclusa con una serie di assoluzioni”. Ora è vero che Berlusconi è stato più volte assolto soprattutto grazie a una serie di prescrizioni (nove), ma in un caso è stato condannato in via definitiva, per una colossale frode fiscale (360 milioni di dollari in tutto, anche se in gran parte corrosi dalla prescrizione), nell’estate del 2013 dalla Cassazione che fece proprie le motivazioni della sentenza di appello che definiva l’incredibile caratura “criminale” di Berlusconi. Ora se non vale la sentenza di condanna, come sostiene Berlusconi, per logica non valgono nemmeno le sue assoluzioni. E se non vale una sentenza di condanna definitiva della magistratura perché ritenuta una “persecuzione”, allora, per coerenza, bisogna aprire tutte le carceri perché chiunque può essere stato oggetto di una “persecuzione” (in verità nel mondo berlusconiano quando non si tratta di ‘colletti bianchi’, ma di stracci, vale il principio espresso da madama Santanchè: “In galera subito e buttare via le chiavi”).
Buona parte della legislazione di Berlusconi è stata indirizzata contro la magistratura, per delegittimarla o comunque per toglierle gli strumenti per agire. Adesso ministro della Giustizia è Carlo Nordio, ex magistrato livido verso gli altri magistrati, soprattutto milanesi perché mentre costoro scoperchiavano il letamaio di Tangentopoli, lui a Venezia non brillava granché e sulle coop rosse fece un clamoroso buco nell’acqua. Pur essendo formalmente di Fratelli d’Italia, Nordio è un berlusconiano honoris causa. Adesso vuole abolire il reato di abuso d’ufficio perché sostiene che solo l’1 per cento delle denunce di questi reati porta a una condanna definitiva (sfido io: quel reato è stato modificato e svuotato una mezza dozzina di volte in 30 anni). Allora aboliamo anche il reato di furto perché pure nel reato di furto non tutte le denunce finiscono in una condanna; per gli stessi motivi aboliamo i reati di stupro, di assassinio e soprattutto, cosa che sta particolarmente a cuore a lor signori, quelli di concussione e corruzione che sono i reati tipici dei ‘colletti bianchi’.
Tutta la stagione berlusconiana è stata segnata dalla emanazione di una serie infinita di leggi cosiddette “garantiste” che appesantendo i già pesanti Codici penali e di procedura penale, impediscono, di fatto, di arrivare alla conclusione di un processo perché scatta inevitabilmente la mannaia, graditissima dai furfanti, della prescrizione. In Francia l’ex presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy è stato condannato dalla Corte d’appello a tre anni di carcere, di cui uno senza condizionale, per corruzione. Non finirà in carcere ma agli arresti domiciliari con l’obbligo di braccialetto elettronico. In Francia, in Germania, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti sono poste regole precise per evitare che un parlamentare, approfittando della sua posizione, si dedichi ad attività di lobbying. Da noi Matteo Renzi, quando al cittadino comune era proibito allontanarsi di più di 200 metri dalla sua casa, trasvolava paesi, mari, continenti per fare consulenze, ben pagate, al principe saudita e “rinascimentale” Bin Salman.
In Italia regna la più grande confusione. Il 23 maggio a Palermo si commemorava Falcone tra l’altro con il “Silenzio d’ordinanza”, ma la banda aveva appena finito di intonare il “Silenzio” che subito è scoppiato l’applauso. Noi non siamo più in grado di sopportare il silenzio perché viviamo in un perenne baccano. E in quel baccano gli anti-mafiosi si confondevano con i mafiosi o quantomeno con simpatizzanti della mafia.
È nella confusione e nella mancanza di leggi certe, ma sempre aggirabili a proprio uso e consumo, nel baccano, in cui ha sempre vissuto, che Silvio Berlusconi ha potuto prosperare e adesso è sempre e ancora lì, emana, come il Dio di Plotino, la sua influenza su tutto il Paese ed è determinante per la tenuta del governo. In qualsiasi altro Paese del mondo avrebbe almeno un “braccialetto elettronico”.
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