venerdì 24 giugno 2022

Chapeau Serra!

 

L’amaca
Questa non è una pizza
DI MICHELE SERRA
A proposito della pizza di Briatore, darei non so che cosa per leggere Gianni Mura, un giorno di questi. Come i veri grandi gastronomi amava le bettole di qualità (che erano i suoi posti del cuore) e rispettava i ristoranti stellati. Si trovava a suo agio ovunque la cuoca o il cuoco fossero capaci di mettere nel piatto, a parte il talento, l’anima. Il prezzo non gli metteva soggezione, era una variante “tecnica” da valutare, certo non un ingrediente di quello che si mangiava.
Chez Briatore, invece, il prezzo è proprio un ingrediente della pizza. Una specie di aura sociale, un biglietto di ingresso tra “quelli che possono”. E dunque non è, il dibattito sulla sua pizza, un dibattito sulla pizza. È un dibattito su come sarebbe preferibile passare il proprio tempo.

Mangiare (e vestirsi, viaggiare, insomma vivere) a scopo dimostrativo non è la sola maniera di farlo, e secondo me nemmeno la migliore. Pochissimi dei clienti dei posti che frequento, e che frequentava Gianni Mura, posterebbero la loro cena sui social, moltissimi di quelli che vanno nei locali di Briatore lo fanno, e la differenza è quasi tutta qui. L’intero apparato dimostrativo che innerva il lavoro di quelli come Briatore è anche ciò che lo qualifica, e pazienza se la pizza è buona, non è quella la sua funzione. La pizza di Briatore ha una funzione di inclusione sociale per tutti quelli che credono che mangiare la pizza di Briatore sia un punto di arrivo.
Se Gianluca Vacchi aprisse un negozio di scope di saggina, non è per la qualità della saggina che in molti farebbero la coda per entrare. Questo per dire che le prove d’assaggio, e l’accanita disputa sul prezzo degli ingredienti, mi sembrano fuori tema. Briatore non vende pizze, vende tentativi di emulazione.

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