venerdì 1 dicembre 2017

Un miliardo


Nella vicenda saudita, quella dell'erede al trono Mohammed bin Salman che, accortosi della corruttela e dell'enorme e vorticoso prelievo di denari dello stato finiti in tasche già abnormemente gonfie, che ha portato all'arresto di qualche centinaio di riccastri finiti ai domiciliari in hotel da sette stelle, sta emergendo l'accordo tra i prigionieri e il delfino: se vogliono riacquistare la libertà dovranno versare una cauzione di almeno un miliardo di dollari. 
Un miliardo di dollari.
Questa cifra inimmaginabile per la stragrande moltitudine di abitanti il pianeta, ricorda la vicenda cinematografica di 2012, allorché i potenti della terra per acquisire un posto nelle arche costruite in Cina per salvarli dalla fine del mondo, sborsarono l'identica cifra per accaparrarsi un biglietto. Quella era finzione, quella era illusione da film catastrofico. E gli sceneggiatori pensarono a quella cifra per far sobbalzare gli spettatori, per lisciare la fantascienza con importi fantascientifici.
Questa invece è realtà, amara realtà: vuole ricordare a noi comuni mortali che nel mondo ci sono persone che possono permettersi di spendere una cifra di quelle incredibili proporzioni. 
Gente, scusate ma non resisto, gentaglia che contro ogni ideale sociologico, umanitario, filosofico è in grado di bonificare un miliardo di dollari! 
Come sia potuto accadere tutto ciò, è presto detto: i pensieri politici di uguaglianza sono stati soffocati dal sistema tecno-rapto-capitalista, corroborato da una finanza degenerata tendente ad opprimere in schiavitù la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. 
Se lo abbiamo permesso, tutti indistintamente, adesso ne paghiamo le conseguenze. Mortificando cultura, addomesticandola, si è arrivati a queste forme dilanianti ogni forma di civiltà.
Pensiamo al nostro piccolo quotidiano: dovunque vige oramai la legge del più forte: dai parcheggi in tripla fila, alle cure mediche, passando per l'istruzione, il tempo libero, gli hobby, gli spettacoli, l'estate sulle spiagge, il teatro; tutto è stravolto, ridimensionato, privilegiato per il godimento di una classe non più media, ma alta, alta tendente all'altissimo. 
Il 70% delle risorse italiche sono in mano ad un 5% della popolazione, lo stesso dicasi a livello mondiale. 
Siamo invitati, meglio ancora: pressati, a consumare, a dover acquistare il secondo, il terzo televisore a 4K, siamo pronti, mi ci metto anch'io, a sborsare più di mille euro per uno smartphone, le scarpe oramai costano più di trecento euro, a meno che non si frequentino i mercatini; vogliamo parlare della moda? 
E allora, perché imbufalirsi? Abbiamo accettato di venir presi a pesci in faccia, ci siamo abituati all'idea che, Dio non voglia, una malattia seria venga curata al meglio solo se ci si sottopone ad una visita illuminata alla modica cifra di 400-500 euro. 
L'Università è oramai un'esclusiva di ceti abbienti; i ristoranti ghettizzano con esorbitanti menu preparati da giullari televisivi passati al rango divino da media costantemente sintonizzati sull'imbonimento soporifero di cervici nate per protestare, acquietatesi mansuetamente da attacchi subliminali, a proposito: tra non molto aprirà Craccoingalleria, ristorantino a modici prezzi nelle Galleria di Milano; guardiamo le vetrine di negozi come un tempo i ragazzi sognavano guardando i dolci nelle panetterie del post bellico. 
Ed accettiamo, mansueti, che un essere umano sia in grado di pagare un miliardo di dollari senza batter ciglio! 
Fino a dove ci porteranno senza che nessuno di noi sproloqui dei benefici vaffanculo ridestanti dal torpore avvinghiante di questo sistema adulterato ed infimo? 

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