mercoledì 13 dicembre 2017

Ranierani buongiorno!


Sempre la migliore! 

13 dicembre 2017

Su “liberi e uguali”, la polemica demente
di Daniela Ranieri 

C’è una parte della cosiddetta sinistra maschile e femminile sedicente femminista che quando si parla di rispetto della parità sessuale gode ad autorappresentarsi dentro uno stereotipo culturale di pura demenza.

Altrimenti non si spiega perché schiere di Senonoraquandiste, truppe hashtaggate di Twitter, deputate del Pd (che mai hanno brillato per femminismo, e anzi si sono comodamente adagiate sul beneficio genetico di essere “quote rosa” nella scuderia di un maschio) si sono imbarcate in questa sciocca, lunare, anti-popolare e pretestuosa polemica attorno al simbolo di Liberi e uguali, la nuova formazione di sinistra guidata da Pietro Grasso che lo stesso Grasso ha presentato in Tv.

La polemica è nata, su quel crinale tra lo zelo dei mistici e il furore degli allucinati (se non sulla pura malafede), da un malinteso: mentre col suo eloquio garibaldino Grasso spiegava il simbolo (la prossima volta chieda a noi, lo sconsigliamo gratis), Fazio ha chiamato “foglioline” il triplice svolazzo che trasforma la “i” finale di “Liberi” in una “e”. Al che Grasso, disabituato al marketing elettorale in cui eccellono i cialtroni della politica e i toreri da talk show, gli è andato dietro, impappinandosi tra questione di genere e questione ambientale e offrendo il fianco ai segugi del Pd. Che, tutto preso com’è dalla gagliarda guerra contro le fake news (degli altri), con l’account del suo organo ufficiale, Democratica, diffonde una fake news inventandosi un virgolettato mai pronunciato: “@PietroGrasso: ‘Ci sono alcune foglioline, a forma di E, che indicano le donne presenti nel nostro movimento e il ruolo che svolgono nel Paese’. Esattamente che vuol dire, presidente?”.

Dell’inarrestabile cascata di indignazione social e invettive antisessiste non è il caso di dare conto (per dire il livello, ecco il parere di Alessia Morani, vicecapoqualcosa del Pd: “Quei giorni in cui ti svegli e scopri di essere cibo per koala #foglioline”). Inutile spiegare che Grasso mai ha chiamato le donne “foglioline”, e che, semmai, insieme a Speranza, Civati e Fratoianni, è stato il primo a porsi il problema e a indicare nelle donne “l’elemento fondante della nostra formazione politica”.

Il punto di caduta del dibattito qui è duplice: da una parte, la furia politicamente corretta che offusca la ragione. Come avrebbe dovuto chiamarsi il nuovo partito per non offendere le sensibilità di genere, se al plurale, laddove ci sono “liberi” e “libere”, in italiano si dice sempre “liberi”? Cambiamo la grammatica? Rinominiamo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino? Riformiamo la Costituzione (stavolta può farlo anche la Boschi), dove dice “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini…”, mettendo un asterisco al posto della “i”? Possibile che le donne di sinistra, che ricordavamo serie, incazzate, ironiche e forti, si accontentino di così poco?

D’altro lato, è evidente che nessun cittadino sano di mente alle prese con la sua esistenza, e eventualmente col suo lavoro ottenuto non grazie ma nonostante la politica, può interessarsi di un tema che appassiona solo qualche enclave di privilegiati. Beato (e beata) quello che pensa di aver finalmente trovato la causa del crollo della sinistra italiana nelle tre linee di Photoshop del simbolo di Liberi e uguali. Così può continuare a ignorare che il Pd perde voti, che si spostano verso il M5S e addirittura verso B. (il quale si sa cosa pensasse delle donne e che pure, come Renzi, al governo ne ha portate parecchie), perché non tutela le donne in termini di parità salariale, garanzie professionali, assistenza sanitaria, applicazione del diritto all’aborto, accesso agli asili nido pubblici, rapporti di lavoro, preferendo esibire donne-immagine in luoghi di potere perché e purché manovrate dal capo.

Così mentre s’inventa lo spauracchio delle fake news putiniane (per colpa delle quali avrebbe perso il referendum), il Pd al governo falcidia la spesa sanitaria, che nel 2010 rappresentava il 24% e nel 2016 il 21,9% dei fondi a disposizione del welfare pubblico (ne ha scritto sul Fatto Luciano Cerasa), e derubrica a “inutili” e dunque a pagamento 208 esami prima gratuiti (il trucco consiste in ciò: sono inutili quegli esami che si rivelano tali solo dopo averli fatti). È un partito che fa man bassa dei salari di uomini e donne e, s’è visto con la banda del Giglio, finanche dei loro risparmi, che fa finta di ridurre la disoccupazione con un magheggio disonesto per il quale risultano occupati anche quelli che hanno lavorato un’ora in un mese, che dimentica il suo elettorato storico per lisciare i padroni e gli apolidi fiscali durante le Leopolde. Se qualcuno pensa che alle donne interessi di più una fogliolina in un simbolo invece che questo, è un maschilista, uomo o donna che sia.

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