giovedì 7 dicembre 2017

Un tempo, altri cervelli


C'era un tempo, e non parlo di quello intriso di violenza post sessantotto, in cui ognuno stava al suo posto; c'era un tempo in cui quasi tutti conoscevamo gli scempi del fascismo e ci stavamo alla larga, come i pochi ancora invaghiti del nero giravano lontano da città come Genova, la roccaforte della Resistenza. C'era un tempo dove bastava uno sguardo, un solo rimirare di qualche compagno nerboruto e le code di certuni s'infilavano tra le gambe, sgattaiolando via assieme al povero imbelle.
C'era un tempo in cui tronfi sognanti un ritorno dell'ideologia intrisa di violenza, stavano quieti e silenti in casa, o come i carbonari si ritrovavano per rievocare tempi mai da loro vissuti, odoranti di morte. 
C'era un tempo in cui ci vantavamo di aver debellato l'ideale fascista, in cui tutto era realmente sciolto, svilito, vietato. 
Ma quel tempo non c'è più, per dabbenaggine di pochi stolti, per l'incuranza di sviliti abbacinati da finanza altolocata, persi nel nulla avendo disperso ideali di resistenza, di difesa della repubblica, della democrazia. 
Non sono un credulone, anzi spero di non esserlo; non ho mai abboccato alle scie chimiche e ad altre cianfrusaglie per allocchi sparate per distogliere attenzione dai fatti reali. Credo però che la accurata formazione di imbecilli sopiti abbia richiesto una programmazione, non solo televisiva: ci hanno dato panini mediatici e noi, bovinamente, ne abbiamo mangiato permettendo alle nefaste ceneri di ricreare fiamme, rigurgiti amorali inconsistenti: casapound e tutta la sterpaglia affine sta tornando perché l'acculturamento della nazione è pari a quello della farina, doppio zero. Perché gli ideali di troppi si confondono e tendono al nulla. 
Perché dobbiamo avere il coraggio, la forza e la determinazione di disperdere questi poveri idioti vocianti nel vuoto. 
Senza tentennamenti. 

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