giovedì 16 novembre 2017

Non se ne va(nno)!


Tavecchio dunque ha deciso di non mollare, esonerando Ventura, mossa che permetterà all'ex commissario tecnico di intascare soldi fino a giugno 2018 per un totale di circa 700mila euro. 
Non se ne va il pupo messo lì dai cosiddetti grandi club i quali, agognano di aver un nulla lassù sullo scranno più alto del mondo pallonaro. D'altronde a pensarci bene perché dovrebbe, guardandosi intorno? 
Finiamo sempre lì, è vero, nel mondo politico; d'altronde far politica è l'essenza di tutto, in un paese democratico. E Tavecchio che vede dentro la sfera del potere italiano? 
Vede immarcescibili, inamovibili, bugiardi, infingardi, dei pinocchi allattati a raccontarne sempre più grosse per rimanere lì. 
Il Gattopardo è il simbolo di questa Italia, figurarsi se Tavecchio non l'ha capito, democristiano com'era e com'è!
Ed il Bomba dichiarante che occorra rifondare tutto, calcisticamente parlando, ha dato la mazzata finale, tanto che mi ha fatto sgorgare addirittura una vignetta: 


Nessuno ha la dignità di mollare pur avendo promesso di salutar tutti in caso di eventi nefasti (è vero Bomba, è vero Etruriana?); mutano, si trasformano meglio di un Brachetti, simulano, ammaliano il potente di turno, sognano anni nuovi e lucenti, a nessuno di questi molluschi vengono in mente parole come dignità, servizio perché si: la politica dovrebbe essere un servizio, un servizio di qualche anno per il bene comune. Sembra una chimera, invece questa è pura verità.
E allora Tavecchio, sull'esempio di tali figuri inossidabili, perché dovrebbe andarsene, visto che non conta nulla, che è in mano ai potenti e soprattutto, continua sulla strada dell'immobilismo fruttante soldoni a pochi, in quel carrozzone instabile e oramai insignificante che è il calcio italiano. 
Non si dimentichi infatti che nei campetti di periferia in tribuna i padri si picchiano, non tutti chiaramente, per difendere i figli in campo e che per arrivare in taluni club, pare, occorra sborsare denari a orchi travestiti da dirigenti? 
Il calcio è come la politica: per rivoluzionarlo occorrerebbero almeno due lustri, pregni di cultura, di rispetto, di onestà. Sempre che Fassino e gli altri si mettano comodi in poltrona a rimirar un mondiale orfano degli azzurri.  

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