venerdì 30/06/2017
Emergenza politicanti
di Marco Travaglio
Parole, parole, soltanto parole. Parole del governo sull’immigrazione: sulla Libia finalmente stabile e in grado di fermare gli sbarchi, ospitare centri di controllo e smistamento; sul raddoppio dei rimpatrii degli irregolari (inesistenti sia prima sia dopo il “raddoppio”); sull’Europa che “deve aiutarci”, anche se i trattati che abbiamo beotamente firmato e ratificato prevedono il contrario. Parole dell’Europa sull’aiuto all’Italia e l’accoglienza condivisa per quote fra gli Stati. Parole anche ieri, dopo i 20 mila nuovi arrivi in Sicilia negli ultimi tre giorni. La Merkel, che in casa sua almeno il suo dovere l’ha fatto accogliendo un milione di siriani, afghani e limitrofi in due anni, dice “aiuteremo l’Italia, ci sta proprio a cuore questa necessità”. Il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker, a un’ora pericolosamente tarda del mattino, assicura che “Italia e Grecia sono eroiche e non possiamo abbandonarle”. Il premier spagnolo Mariano Rajoy promette “qualsiasi aiuto possibile all’Italia”. Ma il migliore è Emmanuel Macron, il gattopardo parigino creato in laboratorio per fingere di cambiare tutto lasciando tutto com’è, ultimo idolo dei nostri pidini che s’erano bevuti le promesse di un’Europa a tre teste Germania-Francia-Italia, anzi di un “asse Roma-Parigi”, che ci rispedisce al mittente 400 migranti a Ventimiglia e ci fa pure la supercazzola: “Noi sosteniamo l’Italia”, ma solo ai profughi con diritto d’asilo, mentre “l’80% sono migranti economici” e per loro non è previsto nulla, salvo la solita pacca sulla spalla e la solita mancetta per smazzarceli da soli.
Parole, parole soltanto parole che la dicono lunga su quanto conta in Europa il governo italiano, quello che ogni due per tre finge di “battere i pugni” come Fantozzi: zero. E di quanto vuote suonino le ennesime giaculatorie delle nostre cosiddette autorità. “Così l’immigrazione non è più gestibile”, scopre Mattarella nel suo periodico risveglio dal letargo. “Chiuderemo i porti alle navi non battenti bandiera italiana”, minaccia il Viminale, ma tutti sanno che la pistola è scarica: la regola o la prassi che abbiamo sempre accettato è che le navi private delle Ong che “salvano” cioè prelevano i migranti anche in acque libiche devono fare rotta sui porti più “sicuri”: non certo quelli maltesi, tunisini, spagnoli o francesi, ma i soliti, quelli siciliani. Basterebbe una sola nave respinta dall’Italia che vaga, carica di disperati, donne incinte e bambini allo stremo, per destare il giusto scandalo internazionale, come quella del film Exodus carica di ebrei scampati ai campi di sterminio e rifiutati da tutti.
Finché dura il trattato di Dublino-2, spensieratamente accettato dai governi di destra e sinistra, è il paese di primo approdo che deve farsi carico dell’accoglienza. Siamo prigionieri di una gabbia che noi stessi (anzi, i nostri sciagurati governi) abbiamo contribuito a costruire e nessuno ha interesse a scardinare. Il nostro peso specifico nella presunta Unione è quello di una piuma, vista l’incapacità dei nostri politici di fare politiche europee, dopo mille vertici con l’“emergenza immigrazione” all’ordine del giorno: arraffiamo posti, poltrone e strapuntini (la Mogherini-Moscerini responsabile della politica estera di un’Europa senza politica estera; Tajani presidente dell’Europarlamento) e continuiamo a contare come il due di coppe, salvo per la flessibilità sui nostri conti sfasciati e le nostre banche sbancate: elemosine elargite per arginare l’orda dei barbari populisti e tenere in piedi questa classe politica di incapaci. Che, dietro il comodo alibi dell’Europa matrigna, possono continuare a riempirsi la bocca di “solidarietà” e “accoglienza”, a scaricare i migranti sui sindaci affamati dai tagli, a demonizzare Lega e 5Stelle salvo poi parlare la loro stessa lingua. E se il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro segnala che qualcosa non va nella privatizzazione dei soccorsi delle Ong, negli sconfinamenti in acque libiche, nell’inspiegabile scelta dei soli porti italiani per gli sbarchi di natanti con bandiera del Belize, della Spagna, di Malta, e chiede che lo Stato sia presente sulle navi con la polizia giudiziaria per evitare che qualcuno faccia il furbo, ma anche per riuscire a beccare gli scafisti piantati sulle spiagge libiche e lieti di subappaltare gratis il lavoro alle benemerite organizzazioni, allora si attacca lui: zitto tu, certe cose non si dicono, se no la gente capisce.
E non si cambia nulla neppure sull’accoglienza, anch’essa privatizzata e in mano a enti caritatevoli, ma anche alle coop modello Buzzi & Carminati. La marea dei migranti viene stipata in centri provvisori per visite e impronte, poi chi non è già fuggito viene spedito nei comuni, e lì i più si danno alla macchia perché sanno di non aver diritto all’asilo e di dover essere rimpatriati. Milena Gabanelli aveva proposto di ricondurre l’accoglienza sotto lo Stato: usare i tanti mega-edifici pubblici vuoti (caserme ecc.), senza ingrassare i privati con affitti da strozzo. E lì identificare i migranti e, in attesa di espellere chi dev’essere espulso e di inviare ai comuni chi ha diritto a restare, insegnar loro la lingua e un mestiere, come in Germania, anziché lasciarli bighellonare e talvolta delinquere nei quartieri popolari, addosso agli italiani più poveri e spaventati alimentandone l’intolleranza e la rabbia. Il ministro-sceriffo Minniti le rispose che era una soluzione “razionale, ma troppo costosa”. Così continuiamo con le soluzioni irrazionali che sembrano a buon mercato, ma in realtà sono infinitamente più care: come in tutte le altre emergenze (terremoti, frane, incendi), intervenire dopo costa il triplo che farlo prima. Forse l’emergenza migranti è irrisolvibile. Ma l’emergenza politicanti è risolvibilissima. Alle prossime elezioni.
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