venerdì 26 settembre 2014

La Leggenda del Topo e il Cinghiale


Narra la leggenda che tanti anni or sono un Cinghiale divenuto importante, molto importante scelse tra i suoi prediletti un topino molto socievole, molto scaltro per conquistare quel pezzo di terra su cui noi tutti ancora vi siamo seduti.
Il Topo crebbe all'ombra del Cinghiale, sfamandosi dell'arte non nobile dello stesso nell'accaparrarsi alimenti e potere. 

Vi fu un tempo in cui il Cinghiale rinverdì gli augusti fastigi della Roma Imperiale tanto fu il suo potere su uomini e donne, alcune anche fortunate e notate che si trasformarono in celebrità.
Il Cinghiale ed il Topo scorrazzarono per la penisola. 
Il Topo mandava avanti l'ungulato che travolgeva ogni cosa, abbattendo nemici e conquistando ogni dove. 
Il Topo imparava celermente visto l'alto Q.I. e nel corso delle razzie incontrarono anche un ometto a quel tempo molto simpatico, il quale stringendo amicizia con il Cinghiale e donando lui innumerevoli quantità di granaglie, divenne in tempi successivi anch'egli molto potente ma, a differenza dei sopra citati, cadde nelle innumerevoli botole sempre aperte e si trasformò con il tempo in un impenitente puttaniere anche se intrigante e molto molto bugiardo. Ma questa è un'altra storia.

Avvenne che durante la luna di miele tra il murino e il Cinghialone il piccolo roditore scrisse, attorno agli anni 80 del secolo scorso, queste frasi fraterne ma grondanti dell'essenza del topo, l'amore per il potere ed i soldi:

"Mi ha fatto molto piacere il consenso che ho visto crescere nel partito attorno alla mia candidatura per la Corte Costituzionale. Questo mi rafforza nella convinzione che il partito è davvero la mia casa. Io credo di essere adatto, anche perché, lo dico senza iattanza, so esercitare in ambienti come quello della corte, una notevole autorità."

Avvenne che un giorno la sorte volse le spalle al Cinghialone e tutto franò in breve tempo. 
Scomparvero il potere, gli amici, l'inviolabilità del suo nome. 
Venne attaccato al punto di doversi rifugiare in Africa. Scomparvero i sodali, i fratelli che avendo partecipato alle sue scorribande, temevano di rimanere in trappola anch'essi come il loro oramai ex vate. 
Il Topo oramai cresciuto e divenuto per tutti Topastro, si staccò anch'egli dalle sottane del suo maestro e quand'egli spirò per malattia, non si fece vedere per nulla sul luogo del lutto e dolore. 

Grazie alla sua ineffabile astuzia, il Topastro riuscì ad infiltrarsi nei palazzi di peso romano sino a ricoprire innumerevoli ruoli importanti e da tutti ricercati. 
Riuscì ad anteporre a tutto l'astuzia alla bieca voracità per tutto quello che luccica. 
Scaltro e felpato conquistò anime e teste, s'insinuò nelle fessure onnivore dove anche l'aria è secretata, divenne addirittura Presidente e fu unico nel riuscire, in una notte, a mettere le mani in tasca a tutti gli abitanti del Paese, prelevando loro forzatamente denari, per il bene comune. 

Passarono gli anni ed il Topastro, come tutti, invecchiò. 
Ma le canute tempeste che dovrebbero far riposare gli esseri viventi, per il nostro rappresentarono ulteriore carburante per continuare ad alimentare la sua sete immensa di monete ed importanza. 
Iniziò a raggranellare pensioni tutte d'oro ed anche se l'agiatezza lo baciò a lungo, il suo spasmo, la sua arrogante arsura, continuarono a mandarlo nei Palazzi per accaparrassi nuove nomine, nuovi incarichi a scapito di chi in giovane età, sognava occupazione.
Fu tanto scaltro che sfiorò per poco il posto lasciato dal Re ottuagenario, anch'egli però sempre alla ricerca di visibilità e grana e pur essendo in ballo dal 1953 non si dissuase dal riacciuffare il massimo titolo, unico caso nella storia del paese.

Pianse il Topastro allorchè il Sovrano fu riconfermato.
Pianse amaramente. 
Ma non si abbatte più di tanto. 
Si ricordò delle parole scritte al Cinghialone, oramai dimenticato ed andò a bussare al Re Riconfermato per tentar di scroccargli l'Augusta poltrona. 
Il desiderio si materializzò ed oggi, dopo decenni di bave e sogni, il Topastro siede lassù, nel più alto scranno della Magistratura, ossequiato, temuto ed adulato, sempre pronto a scattare in favore di amici e potenti. 
Questa è una parte di storia di un famoso Topastro incallito e rigeneratosi in vari modi, sotto innumerevoli tetti, spogliatosi frequentemente per indossare nuove divise, di tanti colori, che in apparenza potrebbe essere identificato con Giuliano Amato. 
In apparenza.
O forse no.

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