Allego un articolo su cui riflettere di Enrico Fierro, pubblicato oggi dal Fatto Quotidiano.
Nelle periferie delle lacrime. D'odio
di Enrico Fierro
È diventata la città delle lacrime, del pianto, ‘o chianto,
Napoli. Il mandolino, la finestra a Marechiaro, l’allegria spensierata delle
sere d’estate, non ci sono più, da tempo sono finiti in uno dei tanti
cassonetti traboccanti monnezza. E anche il pianto non è più quello antico,
bello e poetico di Regina Bianchi. “Sto chiagnenno Dummì, e comme è bello
chiagnere”. Sto piangendo Domenico, e come è bello piangere, recitava in
“Filumena Mar-turano”. Era un pianto, chianto, liberatorio, quello. Erano
lacrime che finalmente liberavano insieme a Filomena, donna dalla mala-vita,
anche Napoli da tutti i patimenti. Ora no, in questi tempi tristi le lacrime
napoletane sono gonfie di rabbia e rancore, covano malessere e odio, sono
pianti di solitudine e fallimento, perché si piange per morti giovani. Ragazzi
dalle vite sbagliate che non hanno avuto il tempo di assaporare la gioventù,
nati e cresciuti in posti orrendi, in famiglie continuamente sull’orlo del
baratro, abituati a visitare più il fetido parlatorio di Poggioreale (il
carcere) per parlare con un padre, un fratello, un parente, che il cortile di
una scuola o di un oratorio. Ragazzi morti per una rapina andata male, una
partita di pallone, una notte brava in tre sul motorino. Già, in tre sul
motorino, e senza assicurazione, e neppure un patentino. L’Italia del rispetto
della “legalità” si è indignata nel sentire che Davide Bifolco, 17 anni il
prossimo 29 settembre, napoletano del quartiere Traiano, figlio di un venditore
ambulante di mutande e calzini, fratello di un pregiudicato agli arresti
domiciliari, viaggiasse con i suoi amici in tre su un motorino.
LASCIAMO STARE il
padano Salvini e il suo razzismo da bar di quei paesi avvolti da troppa nebbia
e rincitrulliti da pessimo alcol, parliamo all’Italia che invoca il rispetto
delle regole. Ma li avete visti mai quei quartieri di Napoli? Avete mai buttato
l’occhio sui palazzi orrendi di Scampia, Ponticelli, Piscinola, Bagnoli? Avete
mai fissato il vostro sguardo sui volti dei ragazzi che la sera ciondolano tra un
bar fetente con i videogiochi e le slot machine, maschi e femmine, tutti
cresciuti male e in fretta? Hanno solo quello, la sala giochi (“la sera – ha
raccontato un amico di Davide – andavamo al circoletto a giocare a biliardo,
poi ci facevamo un giro sul motorino... fino a tardi”), hanno volti duri, si
“atteggiano”, sanno a memoria le frasi di Ciro l’immortale (il protagonista di
Gomorra, la serie Sky che hanno visto comprando i dvd taroccati). “Sta’ senza
pensieri, stai cuntento”, ripetono come nel film, a cantilena. Un trucco
pesante sfregia il volto di ragazzine ancora bambine che vogliono presto
diventare donne e si inebriano della musica di Rico Femiano, il neo-melodico di
maggiore successo in questo momento con L’ammore ‘o vero. Hanno solo questo i ragazzi
e le ragazze del rione Traiano, di Scampia, Barra, Pianura. Nient’altro. Questa
è la loro vita: in tre su un motorino. La scuola ha fallito, non c’è, non ce la
fa a difenderli, a istruirli, a mostrargli un’altra vita.
NELLE PERIFERIE di
Napoli la metà dei ragazzi che frequentano le elementari accumula tra le 60 e
le 80 assenze ogni anno, alle superiori la percentuale dell’evasione scolastica
arriva al 70%, a Scampia solo il 35% raggiunge il terzo anno delle superiori. E
gli altri? Si perdono, chi si ostina anche con disperazione e per l’educazione
imposta dalla famiglia a voler stare dentro i confini della legge, è destinato
ad arrangiarsi con lavori saltuari, precari, che vanno e vengono in una città
senza più fabbriche. Se Napoli è il sud più profondo di un sud abbandonato e
destinato a diventare un “deserto umano”, le sterminate periferia della città
sono già la fotografia dell’abbandono e della desertificazione civile. La
politica non c’è e non sa che fare. Nelle tante “Scampie” napoletane sono stati
sconfitti tutti, i dinosauri della vecchia Dc gavianea, il rivoluzionario
Bassolino, l’arancione De Magistris. E il futuro non promette certo miracoli.
Il Pd si perde in inutili “fonderie” dividendosi tra le varie Picierno, i
Cozzolino i Migliore, quel che resta del Berlusconismo alla “scapece” non sa a
quale santo votarsi, i grillini sognano di conquistare il “palazzo” da soli,
per non contaminarsi. Mentre l’eterno sistema d’affari che da sempre domina
sulla città indifferente ai cambi di bandiere e casacche, osserva e cerca
l’uomo su cui puntare. Gli intellettuali, poi, chi li ha visti, chiusi come
sono nelle loro università, impegnati nelle fondazioni, attenti a dosare le
parole dei loro editoriali di analisi e critica sui giornali cittadini. Una volta,
sempre lui, il grande Eduardo, decise di sbattere in faccia al mondo intero la
realtà dei “bassi” e degli ultimi che lì vivevano. “...avvocà, e sapite chille
vasce. Nire, affumicate, addò nun ce sta luce manco a miezeiuorn... (dove non
c’è luce neppure a mezzogiorno)”. Ora tocca a pochi rapper e al volto disperato
e dolente di un Peppe Lanzetta, raccontare le nuove periferie. Napoli piange.
Piange per Ciro Esposito, ragazzo onesto morto per una partita di pallone,
piange per Tonino Mannalà, che la vita onesta l’aveva abbandonata, ucciso da un
carabiniere in una notte di luglio dopo una rapina, ora piange per Davide. Le
stesse lacrime, lo stesso dolore, la stessa rabbia. Le stesse facce di uomini e
donne sconfitti e soli.
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