Migranti. Ulisse dall’Egitto all’Albania, passando per Libia e governo Meloni
di Alessandro Robecchi
Senza stare a tirare in ballo l’Odissea, direi che anche la vita di uno che scappa dall’Egitto, finisce in un lager in Libia, rischia la vita su una barca malmessa per arrivare in Italia, e poi viene deportato in una gabbia per polli in Albania, potrebbe diventare un discreto poema epico. Non che sia una consolazione.
A parte questo, la questione delle nostre belle carceri per migranti nella fiera terra delle Aquile sembra fatta apposta per i costruttori di metafore. Intanto il vortice della storia: sono passati appena trent’anni da quando attraccò il Vlora, a Brindisi, e ci sentimmo invasi dagli albanesi. Era il ’91, poi venne la Bossi-Fini, la demenziale legge sull’immigrazione che nessuno ha avuto ancora tempo di cambiare del tutto (piccoli ritocchi e si sono dimenticati il nome, che in effetti è imbarazzante per la triste dipartita politica dei soggetti). Ora, passati trent’anni, gli albanesi qui da noi non sono più un problema, anzi, lavorano come muli, dall’Albania si emigra, molto meno di prima, e non si scappa più, noi andiamo là in vacanza e loro ospitano i piccoli Ulisse disgraziati che usiamo come munizioni di propaganda politica. Facendo il giochetto della farfalla che batte le ali qui e succede un disastro là, è come se in una riunione con Meloni, Fazzolari, la sorella, magari l’ex cognato e qualche espertone, fosse venuta fuori l’ideona. Abbiamo promesso il blocco navale ed era una cazzata, facciamo qualche ruffianata per far vedere che risolviamo.
Oggi, mentre leggete, è previsto l’arrivo della nave negriera a un porto un po’ a nord di Tirana, e così si suppone che Ulisse sarà fotografato e accolto da televisioni e cronisti, prima di finire in gabbia. Insomma, si può dire che mentre in trent’anni l’Albania ha fatto passi da gigante, rispetto a com’era messa, noi siamo ancora qui con delle leggi assurde che regolano l’immigrazione. Che sarebbe una faccenda parecchio complicata, e gestirla con una legge che si chiama Bossi-Fini è come regolare l’Intelligenza Artificiale con la legge Cavour. Lady Ursula, da Bruxelles, applaude: le piace il modello, dice. E a proposito della gabbia dove finisce qualche Ulisse più sfigato degli altri Ulissi in circolazione, comunica chiaro e tondo che prenderà appunti: “Saremo in grado di trarre lezioni pratiche”. Tradotto in Italiano: tenere fuori dai confini dell’Europa i migranti verso l’Europa non è mica una cattiva idea, vediamo se funziona. Insomma Giorgia fa la cavia. Ora è il momento di raccogliere un po’ di frutti maturati con la propaganda, con i tromboni della destra in puro delirio trionfalistico e le trombette dell’altra parte che gridano allo spreco di denaro e alle tattiche da opposizione, sempre simili a quelle di Wile Coyote.
In tutto questo surreale quadretto, del signor Ulisse, che scappa, attraversa deserti, carceri e campi di concentramento, mare aperto, rischi, naufragi, fucilate, altre detenzioni, non gliene frega un cazzo a nessuno. Se abbia una storia, e quale, e se sia davvero una pericolosa minaccia alla nostra società, non solo non ci interessa, ma non fa parte della questione, è un “lato umano” un po’ fastidioso, secondario. Metti che quello, Ulisse, voleva studiare, imparare l’italiano, fare un lavoro onesto, tutta la narrazione dell’invasione incontrollata va in pezzi, non possiamo permettercelo. Possiamo invece permetterci di spendere milioni per trasportare su e giù in nave qualche decina di sfigatissimi per far vedere la faccia dura di Giorgia. Vite versus marketing politico, bene ma non benissimo.
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