Ci stiamo mangiando la Terra
di Elvira Naselli
Stefano Mancuso - per chi non lo conoscesse - dirige il Labor atorio di Neurobiologia vegetale all’università di Firenze, ma è anche saggista e i suoi inter venti sul web sono tr a le cose più pop che possa capitare di ascoltare. Quando ancor a non si parlava di Onehealth, Mancuso stava lì a sottolineare come una specie numericamente irrilevante sul pianeta, come l’uomo, stesse predando con sistematica meticolosità tutte le risorse della Terr a. Cominciando dall’acqua, dal suolo, dalle piante e dagli animali. Come se non ci fosse domani. E cer tamente domani non ci sar à per chi verr à dopo di noi, perché il cambiamento climatico a cui stiamo assistendo - e di cui siamo responsabili - cambier à dr asticamente il volto del pianeta come oggi lo conosciamo.
Che cosa dovrà succedere perché ci si renda conto che stiamo andando a sbattere?
«Bisogna che si acquisisca una consapevolezza che non c’è, a cominciare dalla politica: lanciare messaggi che banalizzano l’aumento delle temperature relegando il caldo record alla normalità della stagione estiva non è solo fuor viante ma è un messaggio antiscientico e pericoloso. Negli ultimi due secoli abbiamo tagliato duemila miliardi di alberi, una super cie pari a due volte gli Stati Uniti, abbiamo eliminato la foresta primaria nell’Unione europea, in più il 2021 è stato uno spartiacque nella storia dell’umanità: sul pianeta c’è una maggiore quantità di materiali sintetici che di vita. E’ la constatazione della distruzione del nostro pianeta: agli inizi del 900 il materiale sintetico - principalmente cemento, asfalto e plastica - era inferiore all’1%.
Stiamo cambiando la faccia del pianeta, crede che si poss a invertire la tendenza?
«Stiamo cambiando la storia climatica del nostro pianeta, e oltre al danno enorme all’ambiente e alle piante stiamo distruggendo gr an par te del mondo animale.
Oggi il 97 % dei mammiferi sulla terr a è composto da uomini e animali d’allevamento, gli animali selvatici sono soltanto il 3%, abbiamo str avolto la vita del pianeta. Ma la nostr a vita dipende ed è indiscutibilmente connessa alla vita di tutto il sistema. La vita non è di una singola specie ma è una rete di connessione con altre forme di vita. E dalle piante dipende la vita stessa del pianeta, non solo per l’ossigeno che respiriamo ma perché qualunque cosa mangiamo arriva dalle piante. Persino chi mangia solo carne dipende dalle piante che quegli animali mangiano. E che forniscono il 70% dei principi medicinali con cui ci curiamo ».
La vita come una rete di connessioni. Ma che cos a succede se alcuni componenti di quest a rete vengono meno perché li distr uggiamo?
«Succede quello che accade a una rete da pesca quando un nodo si rompe. Ogni volta che una specie scompare si rompe un nodo, ad un cer to punto però la rete non si tiene più insieme e collassa. E noi siamo a un punto estremamente critico ».
Azioni scriteriate che sembra quasi entrino in conflitto con quell’istinto di sopravvivenza che contraddistingue tutti gli animali. L’Homo s apiens forse non è poi così sapiens...
«Parto da una considerazione sulla vita delle specie: le piante possono sopr avvivere anche dieci milioni di anni, ma se guardiamo la vita media di tutte le specie, ci attestiamo sui 5 milioni di anni. Consider ato che Homo sapiens ha circa 300mila anni, se fossimo come le altre specie avremmo davanti ancor a 4 milioni e 700 mila anni. Ma guardando gli eetti delle nostre azioni direi che siamo totalmente incapaci di sopr avvivere a lungo, se non cambiamo direzione. Così sopravviveremo altri diecimila anni, forse anche molto meno. Siamo all’interno della sesta estinzione di massa ».
Dopo i dinosauri toccherà anche agli uomini?
«Anche i dinosauri non sono mica scomparsi per il meteorite che si è schiantato sullo Yucatan. Quella è la versione cinematografica. Quella scientica è che il meteorite ha contribuito all’innalzamento della temperatura del pianeta e che nei due milioni di anni successivi è scomparso il 75% delle specie viventi. Oggi è diverso: non si è mai visto prima un aumento di un gr ado e mezzo di temper atur a con questa velocità. E la quantità di anidride carbonica prodotta è talmente elevata che è di ile prevedere dove ci fermeremo. Soltanto l’Unione europea è riuscita a ridurrla, dimostr ando l’insussistenza del dogma che proteggere l’ambiente riduce la ricchezza delle nazioni ».
C’è qualcosa che possiamo fare personalmente?
I famosi piccoli gesti per cambiare il mondo.
«Si può cominciare da quello che si por ta a tavola, per esempio. Il sistema alimentare è responsabile del 30-40% dell’anidride carbonica del pianeta. Se riducessimo del 25% il consumo di tutti i prodotti animali, non solo la carne, la nostr a dieta non ne risentirebbe e avremmo un incredibile impatto sull’ambiente. Come collettività dovremmo poi stabilire un costo ambientale da calcolare nel prezzo di ogni bene, il costo dell’ambiente che si è sciupato per quella produzione. Chi lo paga? Le generazioni future. Stiamo ammazzando i nostri nipoti ».
Egoismo o miopia?
«In ogni caso è una cosa aberr ante della nostr a specie. E bisogna difendere gli interessi di chi ancora non c’è. Serve una gura speci ca: una sorta di guardiano del futuro che ha come unico scopo quello di difendere i diritti di coloro che ancora non esistono. E di por tare in tribunale chi quei diritti li calpesta in nome del “qui e ora”. Abbiamo il dovere morale di pensare a chi verrà».
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