Il più grave dei mali
Dicevano i saggi che l’abitudine è il più grave dei mali. Ci siamo abituati a tante cose negli ultimi decenni: ad un imprenditore che per celare le proprie malefatte, in odore di fallimento, ha guidato la nazione modificando leggi a proprio piacimento; lo abbiamo agevolato a far scorribande nell’etere con le sue tv e, una volta scomparso, gli abbiamo intitolato un aeroporto ed emesso in suo onore un francobollo commemorativo. E questo ceffo in foto, che non ha mai rinnegato il fascismo, essendo fascista, si è appropriato della seconda carica dello stato, mentre la cosiddetta opposizione litigava sul colore del manto dei panda. Per abitudine anche oggi nessuno ha reagito al fatto che egli stia pressando gracili rappresentanti dell’opposizione per avallare una fascistissima operazione di alterazione delle regole democratiche, inserire cioè nella Consulta un abietto ideatore di un sistema di potere che potrebbe rinverdire l’idea di uno stato dittatoriale, come piacerebbe tanto a personaggetti come lui, che della costituzione, invece di difenderla, ne fa un barzellettario da sfogliare prima di un match della sua amata squadra - è pure interista! - o durante qualche riunione dei suoi amichetti nostalgici. Per abitudine stiamo sopportando tutto questo. Da allocchi incalliti, senza più un Enrico, una Nilde a riportarci nella normalità.
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