In America l’ipocrisia dem è peggio del folle Trump
DI ELENA BASILE
Ho ascoltato i discorsi dei leader del Partito democratico americano. Ho visto una folla di cittadini statunitensi di età diverse, uomini e donne, bianchi e di colore, urlare entusiasti e commuoversi. E ho palpato il nuovo fascismo che domina l’Occidente. Ai discorsi degli autocrati del Ventesimo secolo c’era la stessa gente che piangeva e mitizzava i demagoghi. Le arringhe basate su luoghi comuni e cliché da libro Cuore, prive di cultura ma in grado di manipolare le emozioni primarie di cittadini ordinari e inconsapevoli erano tipiche delle dittature del passato. Esse caratterizzano i democratici, a mio avviso molto più pericolosi dei repubblicani.
L’elettorato dell’Old great party si è estremizzato, ha subìto un’involuzione culturale e vota per un personaggio controverso, un pagliaccio malefico, coi capelli tinti, i soldi e la trivialità di un parvenu, che non si maschera, recita la sua ideologia semplificata, anti-migranti, anti-musulmani, filo-israeliana. Il Partito democratico ha captato il voto della media borghesia colta, dei cittadini che hanno valori condivisibili, di pace e giustizia, difendono i diritti individuali e il mito del self made man coniugato con politiche sociali permesse dal mercato. I leader democratici sono laureati nelle migliori università statunitensi, sono intellettuali come Obama, costituiscono dinastie il cui potere è radicato da decenni nella società Usa e sono molto più utili alle oligarchie delle armi e della finanza per fabbricare il consenso e mantenere lo status quo. La retorica che dà spazio alle donne permette a Kamala Harris e a Michelle Obama di rubare la scena ai mariti. Ma nulla cambia. Come non pensare a Gaber e alla sua imitazione della invincibile superficialità e idiozia degli amerikani? Le mamme tirate in ballo e i loro buoni consigli: “Don’t complain, do something!” ed ecco che le figlie, brave ragazze, hanno potuto, grazie ai santi valori dell’America che si rimbocca le maniche, arrampicarsi sulla scala sociale e divenire l’una candidata alla presidenza, l’altra moglie dell’ex presidente e possibile candidata alle elezioni future.
Raccontano queste banalità nel Ventunesimo secolo, nella società dell’1%, nel Paese che spende molto più di quanto produca, in declino economico rispetto ai rivali strategici e agli emergenti, privo di infrastrutture, di scuole decenti, di una sanità accessibile ai non tutelati. I democratici sono stati al potere per un tempo infinito, le dinastie dei Clinton e degli Obama prendono le decisioni essenziali in un partito corrotto di cui persino la serie House of cards ha raccontato, in una finzione ben ispirata dalla realtà, gli intrighi.
I pochi accenni alla politica estera, ambigui e propagandistici, ci parlano di una Harris che fa di tutto per pervenire al cessate il fuoco a Gaza. Lo slogan è gridato da Alexandria Ocasio-Cortez, la liberal che dovrebbe incarnare la sinistra del partito. La Harris, vicepresidente di Biden, ha di fatto condiviso la politica del veto alle risoluzioni Onu per il cessate il fuoco a Gaza. Come tutti sanno, gli Stati Uniti offrono un sostegno incondizionato alle politiche di Israele, di sterminio dei palestinesi a Gaza e a favore della colonizzazione in virtù di forme di apartheid in Cisgiordania. I leader democratici, esattamente come i leader repubblicani ma con maggiore ipocrisia, sono complici dell’assassinio di innocenti, donne e bambini, della distruzione di ospedali, scuole, moschee e chiese, dell’uccisione di operatori umanitari, giornalisti e funzionari delle Nazioni Unite, del blocco di aiuti umanitari, del martirio di due milioni di persone senza assistenza, minacciati dalle epidemie come la polio, senza acqua né cibo, privi dell’agenzia Unrwa a cui tanti Stati occidentali come il nostro hanno bloccato i fondi. Questi dirigenti democratici hanno le mani sporche di sangue.
“There is something in the air” grida Michelle alla folla in delirio. Ha la sfrontatezza di parlare di speranza mentre i democratici al potere sono i responsabili di due conflitti, in Ucraina come in Palestina, ignara della politica neoconservatrice, delle guerre in Siria e in Libia, del ritiro clamoroso dall’Afghanistan di cui essi sono i maggiori artefici, ignara delle vittime. “Do something” le insegnava la mamma, già: “fai qualcosa”, gridiamolo all’adolescente palestinese che ha perso i genitori e i fratelli nella pulizia etnica portata avanti da Netanyahu, oppure alla madre ucraina che piange il figlio diciottenne sacrificato in una guerra suicida, combattuta per difendere gli interessi Usa. Questo è l’impero, intento ad autocelebrarsi, insensibile al male e alla distruzione che diffonde nel mondo. Obama, Nobel per la Pace e quante vittime sulla coscienza? Lo chiederei a Veltroni, che ha portato in Italia l’esempio dei democratici statunitensi.
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