venerdì 30 agosto 2024

L'Amaca

 

La democrazia e la guerra
DI MICHELE SERRA
È diventato del tutto ozioso domandarsi quali dei palestinesi uccisi a Gaza (e ultimamente in Cisgiordania) siano per davvero dei terroristi, come sostengono le autorità israeliane, oppure no.
Né che cosa significhi esattamente, ormai, “terrorista”, visto che è la definizione che molti Stati in guerra danno dei loro nemici in quanto tali (vedi Putin quando parla degli ucraini).
È diventata una definizione, diciamo così, “di massa” (oltre che di comodo), buona per chi non ha tempo da perdere con concetti un tempo importanti in democrazia, per esempio la responsabilità individuale. E dunque soldato, combattente, militante politico, terrorista, oppure familiare-fiancheggiatore dei terroristi, o abitante in luoghi dove si presume che si coltivi il terrorismo, non fa più tanta differenza.
Poiché il terrorismo esiste (è stata puro terrorismo l’azione di Hamas il 7 ottobre del ’23), avere dissolto una così grave accusa — accusa di disumanità — spalmandola nelle strade e nelle case di un intero popolo, fa perdere significato alla parola. Se io dico “siete dei criminali” agli abitanti di un quartiere, per quanto malfamato sia il quartiere dove vivono, compio un atto gravemente iniquo, e nego il presupposto stesso della democrazia, che è: ogni persona è uguale di fronte alla legge, e risponde solo di se stessa e delle proprie azioni. La guerra è dunque il contrario della democrazia. È la morte del diritto. È la cancellazione degli individui, delle loro storie personali, della loro identità. Ed è la preparazione metodica della propria eterna ripetizione.
Dei bambini palestinesi scampati alla colossale rappresaglia di Netanyahu, quanti diventeranno “terroristi”?

Nessun commento:

Posta un commento