lunedì 13 maggio 2024

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 Il “nullatenente” Angelucci e il suo impero della sanità

IL DOSSIER - Al fondatore non è intestato nulla: il gruppo, gestito dal figlio, ricava il 94% del fatturato e tutti gli utili dalle cliniche
DI GIULIO DA SILVA
Il re delle cliniche private, l’imprenditore che possiede tre giornali di destra (Libero, Il Giornale, Il Tempo) con oltre il 4% della tiratura nazionale dei quotidiani e aspira a comprare l’agenzia giornalistica dell’Eni, l’Agi, il deputato più ricco (e più assenteista) con un reddito lordo di 3.334.400 euro dichiarato per il 2022, è nullatenente.
Stando alle dichiarazioni patrimoniali ufficiali depositate alla Camera, Antonio Angelucci non possiede immobili, terreni, né automobili, moto, barche o aerei. Non possiede azioni o quote di società, non ha cariche di amministratore, pur controllando un impero con più di 3.000 dipendenti e 230 milioni di euro di fatturato aggregato e varie traversie giudiziarie.
L’ex portantino del San Camillo, 80 anni il prossimo 16 settembre, deputato alla quarta legislatura, eletto nella Lega dopo tre mandati in Forza Italia e Pdl, nella dichiarazione del 18 ottobre 2023 afferma di essere solo “parlamentare alla Camera”. Alla casella su attività imprenditoriali, professionali, di lavoro autonomo o di impiego o lavoro privato, Angelucci risponde: “Nessuna attività svolta ma riceve un vitalizio da ente diverso dalla Camera”. In una precedente dichiarazione, del 21 marzo 2018, aveva affermato di essere “deputato” e “imprenditore”, sempre nullatenente. All’inizio della legislatura precedente, il 29 maggio 2013, Angelucci aveva dichiarato di essere “consulente occasionale quale socio fondatore gruppo Tosinvest”.
Le tre Ferrari, la villa a Roma all’inizio dell’Appia Antica con la grande targa sul cancello “onorevole Antonio Angelucci”, un centinaio di metri dopo Porta Sen Sebastiano, dove c’è il quartier generale di un altro potente, Claudio Lotito, le cliniche San Raffaele ufficialmente non appartengono al self made man arrivato a Roma a cinque anni da Sante Marie, il piccolo comune abruzzese nel quale è nato.
In questo riserbo maniacale c’è la cifra di “Tonino” Angelucci, il quale però è molto attivo nel promuovere i propri affari, come testimonia l’attivismo per espandere l’impero editoriale, sfruttando il vento favorevole del governo Meloni. Il segreto del suo successo è l’incrocio tra affari e politica. Se il portafoglio è arricchito dalle cliniche private, 23 strutture con 3.000 letti, soprattutto nel Lazio e in Puglia, ma il 94% dei ricavi proviene dal Servizio sanitario nazionale, il cuore di Angelucci batte per l’editoria. È interessato anche a prendersi La Verità da Maurizio Belpietro e ha fatto avance per comprare Radio Capital da Gedi, ma il vero obiettivo sarebbe convincere John Elkann a vendergli la Repubblica.
Secondo le dichiarazioni depositate alla Camera, Angelucci ha dichiarato di aver percepito negli 11 anni dal 2012 al 2022 redditi complessivi per 42,55 milioni. Sui quali ha pagato imposte nette per 19,27 milioni. Ad Angelucci sono così rimasti 23,28 milioni netti, che corrispondono a un guadagno medio di 2,116 milioni all’anno. Ogni mese sono in media 176.363 euro netti, ovvero 5.800 al giorno. Decisamente non male per un nullatenente. Gli affari della famiglia Angelucci vanno bene, anche se non c’è un bilancio consolidato unitario che mostri in piena trasparenza i conti, eliminando partite infragruppo o trasfusioni finanziarie da una parte all’altra.
Se Angelucci è nullatenente e non svolge attività professionali, da dove arrivano i suoi redditi, a parte l’indennità parlamentare, sui 240mila euro netti all’anno, che rispetto ai suoi guadagni reali sono mero argent de poche? Il bilancio del gruppo San Raffaele spiega che nel 2022 c’è stata la “destinazione al socio fondatore del vitalizio” di 4 milioni: non c’è scritto il nome, ma il beneficiario è lui, Tonino.
Le attività della famiglia sono divise in due grandi filoni societari: la sanità dentro il gruppo San Raffaele Spa, il resto, che spazia dagli immobili e servizi di gestione, manutenzione, pulizia (Natunia), fino all’editoria e alla comunicazione (con Edindustria, rilevata dall’Iri nelle privatizzazioni) nella Finanziaria Tosinvest Spa. Sopra queste società l’assetto proprietario diventa opaco, perché il controllo è esercitato attraverso due società lussemburghesi, la controllante diretta Three Sa e la sua controllante al 100%, la Spa di Lantigos Sca.
Gli ultimi bilanci disponibili sono del 2022. Mostrano che San Raffaele fa utili – 20,56 milioni nel consolidato (9,49 milioni nel 2021) – con un giro d’affari di 159,7 milioni e paga dividendi: nel 2022 ha distribuito 24 milioni ai soci. Nel 2022 la capogruppo San Raffaele ha ceduto il 100% dell’Università telematica San Raffaele di Roma Srl a Multiversity e altre due controllate, con plusvalenze di 173,9 milioni nel consolidato. Il gruppo ha una posizione finanziaria netta positiva per quasi 160 milioni.
Tosinvest ha chiuso il 2022 con un valore della produzione consolidato di 74,3 milioni e una perdita di 959mila euro (dopo il rosso da 6,6 milioni del 2021): un risultato che si scompone in una perdita di 1,18 milioni di competenza dei soci terzi e un utile striminzito di 218mila euro per gli Angelucci. Il gruppo Tosinvest ha un indebitamento finanziario netto di 117 milioni. Tra i debiti finanziari ci sono 242,8 milioni verso il gruppo San Raffaele, per anticipazioni finanziarie erogate alla società con i conti più critici, per un interesse annuo risibile, solo lo 0,01 per cento. La capogruppo Tosinvest Spa ha perso 2,5 milioni nel 2022 e 2,67 milioni l’anno precedente.
I profitti arrivano dalle cliniche, grazie alle erogazioni dello Stato per le prestazioni in convenzioni, mentre il resto soffre soprattutto per il peso dell’editoria, che però è un’attività chiave per esercitare un’influenza politica. Il presidente di Tosinvest è uno dei figli del fondatore, Giampaolo Angelucci, detto Napoleone.
San Raffaele è presieduta da Carlo Trivelli, figlio di due ex deputati del Pci, Renzo Trivelli e Maria Ciai. Tra i manager del gruppo c’è Massimo Fini, fratello dell’ex leader di An Gianfranco, direttore scientifico dell’Irccs San Raffaele Pisana. Gli Angelucci hanno stappato champagne quando Francesco Rocca è stato eletto presidente della Regione Lazio: fino al 2022 faceva parte del cda della loro Fondazione San Raffaele. E dalla Pisana Rocca ha subito ampliato le convenzioni con le cliniche della famiglia dell’ex portantino.
Gli Angelucci sono cresciuti fedeli a un insegnamento di Cesare Geronzi. Secondo l’ex banchiere di Capitalia bisogna avere tanti amici a destra quanti a sinistra. Così, pur schierati a destra, gli Angelucci hanno tessuto ottimi rapporti con Massimo D’Alema. Hanno aiutato il leader dell’ex Pci e Pds nel salvataggio dell’Unità, nel 1998, rilevando il 24,5% della nuova società, l’Unità editrice multimediale, un’avventura durata due anni. La famiglia Angelucci ha colto al volo anche l’occasione per aiutare l’ex Pci a sistemare i debiti, per un valore stimato sui 60 milioni di euro. Il 23 dicembre 2003 hanno firmato il contratto per acquistare, insieme ai debiti del partito, 45 palazzi, tra cui l’ex sede storica del partito, in via delle Botteghe Oscure.
Ricordando la trattativa, l’ex tesoriere del Pci e dei Ds Ugo Sposetti, ha detto: “Noi demmo una bella sistemata al nostro debito…”. Secondo Sposetti “gli Angelucci si dimostrarono persone perbene. Certo, in alcuni momenti si dimostrarono duri (…) complessivamente però si comportarono da imprenditori capaci, seri, molto trasparenti”. I giornalisti dell’Agi che potrebbero essere “venduti” agli Angelucci non sembrano altrettanto entusiasti.

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