mercoledì 22 maggio 2024

L'Amaca

 

Furto di realtà e sistemi antifurto
DI MICHELE SERRA
Il navigatore della mia automobile parla con la voce di una donna con spiccato accento veneto — non saprei dire perché: è un’auto francese. Questo dettaglio, benché minimo, un poco mi disturba.
Non perché io abbia pregiudizi venetofobi, ma perché alle voci artificiali chiedo una “neutralità”, una irriconoscibilità, che mi tranquillizza. Il virtuale mi è utile, e di compagnia, purché rimanga virtuale. Non voglio ambiguità con il reale. Non voglio che una macchina mi parli simulando umanità. Mi coinvolgerebbe più di quanto io sia disposto a essere coinvolto.
Condivido dunque la preoccupazione, l’indignazione di Scarlett Johansson quando si è accorta che la voce di un’assistente vocale di OpenAI, società americana di intelligenza artificiale, era la sua. Aggravante: il boss della società le aveva chiesto espressamente di vendere la sua voce all’azienda; lei aveva rifiutato; l’intelligenza artificiale ha comunque creato una simil-Scarlett; la reazione decisa dell’attrice («in un’epoca in cui siamo alle prese con ideepfake e con la tutela della nostra immagine, del nostro lavoro, della nostra identità… attendo con impazienza una soluzione trasparente e l’approvazione di una legislazione adeguata per garantire la tutela dei diritti individuali») ha suggerito a OpenAI di rinunciare a quella voce.
La questione è gigantesca. Non riguarda solo una diva e la sua legittima protezione di se stessa.
Riguarda tutto e tutti. Riguarda il rispetto delle scelte e delle tutele individuali (io sono mia, io sono mio) e riguarda la definizione chiara, onesta, del confine tra la realtà e la sua contraffazione.
Nel futuro prossimo, forse già adesso, il furto di realtà sarà il crimine più diffuso. Tecnicamente più facile di uno scippo o di una rapina.
Progettare i sistemi antifurto sarà non solo un business formidabile, ma un’opera meritoria.

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