domenica 26 maggio 2024

L'Amaca

 

Quelle parole di sette secoli fa

DI MICHELE SERRA

Capisco le buone intenzioni della prof di Treviso che, su richiesta dei genitori di due alunni musulmani, li ha esonerati dallo studio della Commedia. Ma non ne condivido la scelta. La cultura serve a contestualizzare la storia e l’arte, collocando ogni evento e ogni opera nella sua epoca. Atti ed eventi degli uomini diventano, fuori contesto, incomprensibili: un mishmash senza senso. Dante scrisse la Commedia più di settecento anni fa, in un mondo totalmente differente dal nostro e in una lingua appena nascente. Ficcò Mohammed all’Inferno (insieme a tanta altra gente, brava e meno brava) in buona sintonia con la natura giudicante e guerriera, certo non ecumenica e tollerante, del cristianesimo dell’epoca, in un’Europa fresca reduce da due secoli di Crociate. Se, per paradosso, un’opera di uguale struttura, che adottasse lo stesso vaglio etico, vedesse la luce oggi, al suo autore verrebbe consigliato un buon psicanalista, e nessun editore vorrebbe pubblicarla: non perché sconveniente, ma perché non avrebbe alcun senso. Certo, non dev’essere facile spiegare Dante a studenti musulmani. Ma se a scuola si insegnano la dominazione araba nel Mediterraneo, le Crociate, l’imperialismo delle potenze cristiane europee, l’espansione ottomana, e tutte le sopraffazioni e le violenze delle quali è fatta la storia, non è per esaltarle o per condannarle: è per conoscerle. Per sapere da dove veniamo, da quali avvenimenti, da quali credenze, da quali parole, da quale gente. Così come non esiste una messa all’indice degli eventi storici, per quanto abominevoli, non può e non deve esistere un indice delle opere dell’ingegno.

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