domenica 13 novembre 2022

Racconto giusto

 

Circonvenzione di capace
di Marco Travaglio
“Il grande ritorno di Di Maio. La Ue lo vuole emissario nel Golfo”. La lieta novella l’annuncia Repubblica. Il Golfo non è quello di Napoli, dove Di Maio volava in campagna elettorale (ma solo nelle pizzerie) prima di esser trombato dagli elettori: è il Golfo Persico dove “può essere il profilo migliore per trattare con gli Stati e aiutare a strappare prezzi più vantaggiosi nelle forniture di petrolio”. Che sia proprio la Ue a volere il “grande ritorno” è invece un tantino dubbio: lo spingitore di Di Maio è Draghi, che avrebbe lasciato il suo nome a Borrell come ultima volontà prima di lasciare Palazzo Chigi. Ora, noi siamo certi che Di Maio svolgerà con diligenza il nuovo compito (anche se nella diplomazia europea e italiana ci sono decine di figure in grado di farlo come o meglio di lui). Diversamente da chi irrideva il “bibitaro” per poi promuoverlo a statista appena entrò in guerra con Conte e nelle maniche di Biden&Draghi diventando Di Mario, gli abbiamo sempre riconosciuto molte doti: riflessi pronti, capacità di lavoro, apprendimento e furbizia (pericolosa scorciatoia dell’intelligenza). Perciò ci domandavamo che gli sia saltato in mente di suicidarsi politicamente diventando l’opposto di se stesso, sabotando Conte, inimicandosi gli elettori 5S senza conquistarne altri, prima con la battaglia persa per Draghi al Quirinale e poi con la scissione di Insieme per il Futuro (poi Impegno Civico, poi nulla) con 65 parlamentari in vena di eutanasia.
Ora che le acque si ritirano, la risposta affiora dai relitti del naufragio: Di Maio l’hanno rovinato Draghi e Letta. Già a gennaio- febbraio, quando si sbatteva per portare MiniMario al Colle e pugnalava alle spalle la Belloni (“mia sorella”) in odio a Conte e per amore di Draghi, qualcuno gli aveva fatto balenare che Palazzo Chigi sarebbe toccato a lui. Poi Draghi restò dov’era. E iniziò a vendicarsi di Conte che gli aveva guastato i piani. Ecco le telefonate a Grillo perché se ne liberasse e poi sposasse la scissione dimaiana, svuotando il M5S e consentendogli di governare senza tradire l’impegno di non cambiare maggioranza. Mai un calcolatore come Di Maio avrebbe avviato la scissione senza la garanzia di collegi per sé e i suoi: e glieli garantì Letta, scommettendo – come Draghi – sulla morte di Conte e sul trionfo del Pd. Ma mai un calcolatore come Di Maio avrebbe mollato il certo per l’incerto senza la promessa di un incarico in caso di trombatura: e quella non poteva che arrivargli da Draghi. Ora incassa il risarcimento per essersi immolato per il Sistema sull’altare dell’ennesimo Conticidio, poi fallito come tutti i precedenti. Chissà chi è il prossimo gonzo che si stupisce perché il Pd si allea con cani e porci, ma non con i 5Stelle, e perché al governo c’è la Meloni.

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