martedì 8 novembre 2022

Scanzi perfetto!

 

Il leader di Azione, un mix tra Churchill e un macellaio rude
di Andrea Scanzi
Molto affascinante l’adunata per pochi intimi di Calenda e quell’altro a Milano. Certo, contrapposta piazza San Giovanni era un po’ come paragonare un 45 giri di Padre Cionfoli con la discografia dei Led Zeppelin, ma l’importante è provarci. E Calenda, quando si tratta di metterci il faccione, non si tira mai indietro (a conferma di come il masochismo segua sempre via assai traverse).
L’adunata semi-clandestina di sabato a Milano era affascinante per almeno tre motivi. Il primo è legato alle squisite capacità oratorie di Calenda. La sua capacità di riempire (sic) il palco è straripante. Presenza scenica, padronanza linguistica, carisma. E – va da sé – irresistibile simpatia. Se Calenda avesse partecipato alla Corrida di Corrado, e tutto sommato avrebbe potuto anche farlo perché sin da bambino si barcamenava come attore e nei ritagli di tempo si infatuava platonicamente di Giuliana De Sio, il nostro amato leader del Terzo polo (che poi sarebbe il sesto) avrebbe esaltato le mosse eseguendo il Va’ Pensiero con il solo suono oltremodo soave delle ascelle frizionate. Daje Carle’! Ogni volta che apre bocca, Calenda ha sempre quell’approccio garbato e misurato da macellaio rude di Torvaianica che – se non hai la moneta pronta – ti scaglia addosso un prosciutto intero ad altezza arcata dentale. Sempre elegante e mai greve, vincente come un battipanni irrisolto e umile come Rocco Siffredi che fa a gara di virilità con il primo Donzelli che passa, Calenda ha poi detto sabato – ed è la seconda cosa che mi ha affascinato – che lui rispetta tutti, tranne quelli che chiedono la pace e poi non vogliono più dare armi all’Ucraina. Ovviamente ce l’aveva con Conte. Secondo lui, chi ha dubbi sulla bontà di rimpinguare gli ucraini di armi, non vuole la pace ma la resa. E se lo dice Calenda, la versione contemporanea più riuscita di Churchill, bisogna crederci. Se è vero che Calenda si sopravvaluta in maniera ogni giorno più comica, è altrettanto certo che questa sua perenne hybris a caso lo aiuta, perché non gli fa percepire quanto egli appaia al mondo miseramente goffo. E dunque non genera in lui strazianti ripercussioni sull’autostima bulimica.
Calenda appartiene a quel folto manipolo di orgogliosi “professionisti del disonestamente intellettuale” secondo i quali, se non la pensi come loro sulla guerra, sei filo-Putin o pro-resa ucraina. Dunque tifano Putin anche il Papa, Don Ciotti e Bergonzoni, che – del resto e in effetti – rispetto a Sua Maestà Calenda sviliscono e scompaiono. È però la terza cosa che mi ha affascinato più di tutti, ovvero la presentazione alla plebe del nuovissimo talento scovato dalla cantera calendiana: Letizia Moratti. Mica cotica! In effetti, per sconfiggere il centrodestra, la strada migliore è candidare una di centrodestra. Così, mal che vada, perderemo con uno uguale a te, e dunque in qualche modo (diciamo per osmosi o di riflesso) vinceremo anche noi. Per fermare Meloni e Salvini, con cui peraltro – se solo potessero – Calenda e quell’altro governerebbero anche oggi, il nostro De Gaulle alla vaccinara ha proposto un residuato politico e dismesso del berlusconismo peggiore. Lui è così: quando la destra butta via qualcosa o qualcuno, tipo Gelmini o Carfagna, lui prima lo scrittura e poi lo presenta come roba nuova e vincente. E c’è persino qualcuno che gli crede, tipo la parte riformista (?) del Pd o quella stampa che – pur di andar contro Conte – voterebbe financo Bokassa. È un mondo fantastico, e l’evanescente pinguedine politica di Calenda e quell’altro ce lo ricorda ogni giorno.

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