mercoledì 14 settembre 2022

L'Amaca

 

La buona stella non è un programma
DI MICHELE SERRA
Abbiamo un debito pubblico mostruoso, infrastrutture vecchie, un’evasione fiscale endemica (più un connotato culturale che un dato economico), un sistema politico sbriciolato e nonricomponibile per colpa di una legge elettorale assurda. Sappiamo lavorare, questo sì, e ci mancherebbe pure che, in tanta penuria, fossimo pure degli scansafatiche privi di ingegno e spirito di iniziativa.
Ma in campagna elettorale ci si sente obbligati a sembrare speranzosi e gagliardi, e dunque nessuno osa far presente che siamo messi male, che lo siamo strutturalmente, che abbiamo vissuto (chi più chi meno) al di là dei nostri mezzi, e se non avessimo il sostegno dell’Europa saremmo messi anche peggio.
Al contrario, gode di vasta simpatia, nei sondaggi, chi si appella all’orgoglio nazionale e dice che con l’Europa bisogna rifare i conti e rifarli a nostro vantaggio, come se fossimo creditori di qualcosa e non debitori di molto.
Ci vorrebbe un Partito dell’Umiltà che rifacesse i conti con la nostra storia, la nostra fortuna e la nostra imprevidenza, ma ognuno sa che un partito siffatto prenderebbe pochissimi voti e avrebbe la nomea di guastafeste se non di menagramo, come accadde a La Malfa padre nel suo piccolo, e nel suo grande a Berlinguer quando osò parlare di austerità. Ci sarebbe da abbassare la cresta e lavorare sodo, e su quel sodo, per giunta, pagare le tasse. Non è un programma politico, me ne rendo conto.
È un processo, titanico e disperato, di autocoscienza collettiva. Non lo faremo mai, dunque non ci resta che sperare, come sempre, nella buona stella. Anche la buona stella, però, non è un programma politico.

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