sabato 17 settembre 2022

L'Amaca

 

Alla ricerca del tubo perduto
DI MICHELE SERRA
L’Italia, per non soccombere a frane e alluvioni, dovrebbe essere come un quadro di Bruegel: ovunque, dai crinali alla piana, una moltitudine di omini con una vanga in mano, o alla guida di una ruspa o di una benna, che riparano il mondo. Io sono uno di quegli omini. Cerco di mantenere pervio e pulito il pezzetto di pianeta che la fortuna mi ha assegnato.
Dovrei sostituire un grosso tubo, vecchio e intasato, che fa scolare l’acqua da un grande campo al fosso sottostante. Se quello scarico è occluso, l’acqua scende a valle in disordine, guastando tutto quello che incontra. Moltiplicate questa piccola occlusione per mille, per centomila, e avrete la causa più evidente (e più rimediabile) del famoso dissesto idrogeologico. L’incuria, la mancanza di manutenzione. Di qui le frane, gli allagamenti, le strade rotte, la case sprofondate, nei casi più gravi gli annegamenti di uomini e bestie.
Ho ordinato quel tubo (un pezzo di plastica lungo sei metri, con un diametro di sessanta centimetri) un mese e mezzo fa, ma non arriva. Mi hanno spiegato che, come tutto o quasi il materiale edile, anche i prezzi dei tubi stanno salendo vertiginosamente, e per pura speculazione c’è chi aspetta che salgano ancora prima di rimetterli in circolazione. Non so dire a che punto della filiera stia la speculazione. Ma posso dire che chi specula sui bisogni primari (quel tubo lo è, per me e soprattutto per chi abita sotto di me) è un nemico della società. Bisognerebbe che questo concetto, che è lampante, fosse molto più presente a chi regge le sorti del mondo.
Tubi o gasdotti, pane o cemento, il criterio non cambia: chi li adopera a strozzo, è uno strozzino.

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