Chi lo ama lo segue
DI MICHELE SERRA
Parlandone come di una fiction (per il semplice fatto che lo è), la puntata nella quale il protagonista, Gianluca Vacchi, viene accusato da alcuni domestici di averli costretti a ballareper manifestare giubilo e benessere su Instagram, mi è sembrata irresistibile: una spietata satira dell’epoca.
Essendomi perso tutte le puntate precedenti, e senza dubbio anche le successive, non posso giudicare la serie nel suo complesso. Ma so che ha milioni di affezionati, e che il copione (Vacchi che danza, Vacchi che ride, Vacchi in motoscafo, Vacchi in piscina, Vacchi che lustra i tatuaggi con il Sidol, Vacchi che fa fitness per essere sempre più Vacchi) ha una sua fissità ipnotica, degna di un certo cinema impegnato degli anni Settanta nel quale non succede mai niente, ma il pubblico è convinto che si stia sviscerando la condizione umana. Allo stesso modo il narcisismo social, pur rimanendo, scientificamente parlando, una turba psichica, lascia intendere di essere una forma di avventura esistenziale, anche se non si capisce quale. E la gente abbocca.
Una sola cosa mi sento però di dire: chi ha visto tutte le puntate precedenti, ovvero i follower di Vacchi, non ha nessun diritto di interferire nella trama, lamentando la crudeltà del datore di lavoro, o viceversa difendendolo dall’ingratitudine dei sottoposti. I soli veri mandanti di Vacchi sono loro, che hanno costruito l’idolo ammonticchiando miliardi di clic per seguire un tizio che segue solamente se stesso. Non hanno alcun diritto di giudicare Vacchi. È il loro specchio. Il loro doppio. Lo hanno creato loro. Se lo meritano così com’è, se lo tengano così com’è.
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