giovedì 10 settembre 2020

Oh no!


Tutto ciò che non andrebbe mai scritto, visto com’è sviante e sminuente il tenebroso passato, tipo quello mafioso.


Il gigantismo di Berlusconi che anche sul Covid punta ad essere il numero uno
09 SETTEMBRE 2020
Oggi come ieri l'ex premier ha fatto una chiamata dal San Raffaele. Esagerato anche sulla carica virale. E il potere, con lui, diventa un teatro dell'immortalità

DI FILIPPO CECCARELLI - REPUBBLICA 

E ancora telefona, ritelefona dal San Raffaele, dove ai tempi, insieme con don Verzè, si era impegnato a finanziare un progetto di medicina predittiva - "Quo vadis?" l'avevano chiamato - con l'obiettivo di prolungare la vita fino a 120 anni. Poi in realtà don Verzè se n'è andato, lasciando a Panzironi il traguardo "Life 120".

Ma Berlusconi continua a lottare dal suo letto d'ospedale, pure distinguendosi in un tenero e avventato sillogismo a sfondo Covid: se il suo tampone positivo era "il numero uno" quanto a carica virale, lui resta "il numero uno" in generale, e tutto questo senza nemmeno aspettare la guarigione, o meglio la sua vittoria sul virus.

Esagerato, come sempre. Però ancora una volta pure con qualche ragione obiettiva che conferma la norma nella sua risonanza pubblicitaria: più lo mandi giù e più lui si tira su, di solito dando il meglio proprio nei momenti difficili. Tanto che diversi anni fa, era il 2010, l'azienda Extreme Design mise in commercio un pupazzone punching ball del Cavaliere boxeur che come il remoto Ercolino restava "sempre in piedi".

Così, pur con tutte le riserve del caso, e senza indulgere all'entusiasmo teologico che ha portato il Giornale a titolare "Silvio risorge", occorre riconoscere che la storia in qualche modo gli consente ancora oggi di giganteggiare; per cui non sarà Gesù, ma il solito Berlusconi e quindi "il numero uno", come dice lui e come già ripetutamente si autodefiniva, anche per iscritto, mostrando ai fotografi l'agenda privata densa di impegni (per la storia: c'erano in programma pure diversi appuntamenti con graziose ragazze).

Quando non se lo diceva o scriveva da solo, d'altra parte, glielo conclamavano gli altri, anzi le altre, vedi l'enorme torta con il numero uno di glassa che le deputate di Forza Italia predisposero in una festa al castello di Tor Crescenza, poi tutte insieme con le braccia alzate in posa per "Chi". E a questo punto, non senza aver accennato agli inni, ai bagni di folla, al bacio della mano, all'estasi fusionale, alle salmodie, all'invocatio nominis, all'apologetica e alla poesia encomiastica, pure estesa alla stirpe, bisogna mettere punto.

Perché il potere non è una roba da educande e la smania di primeggiare, anche nei virus, è un demone che sfida a viso aperto tanto la dignità dell'uguaglianza fra gli uomini che il senso del ridicolo; e in Berlusconi, più che in ogni altro capo politico del dopoguerra, questo demone del comando si è accompagnato alla più smagliante inclinazione alla dismisura, ciò che Giuliano Ferrara, e non certo un fanatico dell'antiberlusconismo, ha designato come "immensa immodestia", "vanità gigantesca", "ego da manicomio".

Per cui primo nel far soldi, primo nel costruire città, primo con le donne, primo nelle coppe dei campioni, primo nelle televisioni, primo nel fasto delle ville, primo a battere i ragazzi della scorta in gara di corsa piana; e poi in politica, sempre per autodefinizione, "il miglior presidente di tutti i tempi", l'unico riconosciuto tale dai Grandi della Terra. Primo perfino e infine nelle barzellette che raccontava ponendo se stesso come protagonista, magari avendo come sospettoso o invidioso interlocutore nientemeno che Nostro Signore.

Sennonché, scava scava e gratta gratta sotto ogni mirata megalomania e totalitarismo neuro-spirituale, ecco che anche i miti - e seriamente si potrebbe dimostrare come il personaggio di Berlusconi rientri nei parametri di un'evoluta mitologia - hanno il loro lato in ombra; ed ecco che dietro ogni titanismo anche veritiero e addirittura giusticabile si finisce per cogliere un'idea del potere come di un teatro dell'immortalità, che sarebbe un modo un po' astratto per dire che questa sete di gloria, questo perenne sentirsi "numero uno" al dunque, nascondono una comprensibile paura di morire; per cui il potere altro non è che un modo per ingannare la morte.

E pur con tutto il rispetto e l'ammirazione che si deve a un vero combattente, si ritorna al letto dell'ospedale San Raffaele e alle telefonate sul virus che più forte era, più risulterà forte Berlusconi quando l'avrà vinto. Numero uno per sempre, numero unico ieri e oggi.

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