La profonda delusione, la rabbia, verso il M5S di governo non ha premiato il Pd (che perde altri 110mila voti rispetto a Renzi nel 2018: altro che festa!), né i pezzi di sinistra (obbligatorio il ritiro a vita privata del ceto politico). I voti perduti (6 milioni in 14 mesi!) sono andati o nell’astensione (aumentata rispetto al record negativo delle Europee 2014) o alla Lega. Dovrebbe essere chiaro che fare gli scendiletto di Salvini non paga: perché gli elettori che approvano questa linea di sottomissione, scelgono poi direttamente Salvini. Mentre chi non approva non va a votare: nonostante le messinscena “sinistrorse” dell’ultimo mese. Questa mancanza di alternative al centro (occupato dall’invotabile Pd) e a sinistra (vuota come la coscienza di un banchiere europeo) dovrebbe dare ai 5S la forza di ribellarsi: meglio far cadere il governo sui princìpi (esempio: il Tav), che continuare a essere mangiati vivi. Poi bisognerà cambiare (dopo questa ecatombe!) il capo politico: e interrogarsi su come sceglierne un altro. Democrazia interna cercasi.
(Tomaso Montanari)
È la vittoria del variegato partito dei corrotti, cosa che non dovrebbe poi meravigliare più di tanto visto che in Italia sono la stragrande maggioranza. La parola “legalità” non ha diritto di cittadinanza nel nostro Paese. La sera di domenica nelle varie no-stop televisive i conduttori e soprattutto i commentatori non riuscivano a trattenere l’esultanza per il tonfo dei 5Stelle, mentre dalle finestre aperte delle ricche e borghesi case milanesi si udivano grida di trionfo, come dopo l’ultima nostra vittoria ai Mondiali di calcio, non tanto per l’exploit di Matteo Salvini quanto per la clamorosa caduta dei 5Stelle. Una buona mano l’han data le cosiddette sinistre attaccando per anni i grillini a spada tratta, con motivazioni molto profonde, basate soprattutto sui congiuntivi, e aprendo così la strada alla destra più becera, più antropologicamente razzista, più antisociale che si sia mai vista in Italia, perché anche il Fascismo un programma sociale almeno ce l’aveva.
(Massimo Fini)
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