martedì 07/05/2019
Piccoli Fubini crescono
di Marco Travaglio
Casomai l’Ordine dei giornalisti e la Fnsi trovassero il tempo, fra un sit in e l’altro per garantire 14 milioni di fondi pubblici a Radio Radicale, gradiremmo un loro illuminato parere sull’ultima impresa di Federico Fubini. L’altro giorno il nostro vicedirettore del Corriere preferito ha confessato di aver taciuto una notizia sulle conseguenze mortali delle politiche europee di austerità per salvare la reputazione (si fa per dire) delle politiche europee di austerità. La notizia è l’aumento vertiginoso della mortalità infantile in Grecia (dal 2,7 al 4,2 per mille, pari a 700 bimbi morti in più all’anno) dopo la cura europea che tagliò le cure ai malati più piccoli e deboli. Lui lo sapeva, ma – ha confessato alla tv vaticana presentando il suo ultimo capolavoro Per amor proprio. Perché l’Italia deve smettere di odiare l’Europa – “mi sono autocensurato”, perché la notizia non fosse “strumentalizzata” dagli odiati “sovranisti” contro la sua amata Ue e il suo adorato Fmi, ma anche contro di lui, vittima di “ostracismo” (quello che lo confina in clandestinità sulla prima pagina del primo quotidiano italiano) e di “attacchi assurdi sui social”. Cioè: Ue e Fmi affamano la Grecia e ne raddoppiano la mortalità infantile e il giornalista che fa? Anziché raccontare le conseguenze di quelle politiche, da lui stesso sempre applaudite come foriere di sviluppo e benessere, le nasconde ai lettori, per paura che aprano gli occhi, e a se stesso, per paura di dover cambiare idea. Immaginiamo l’entusiasmo dei lettori del Corriere nell’apprendere che il loro vicedirettore li tratta come un gregge belante e non pensante: decide lui da quali notizie preservarli per evitare che si facciano strane idee (quelle corrette, basate sui fatti). È lo stesso Fubini che il 1° novembre titolò a tutta prima “Deficit, pronta la procedura Ue”, indicando anche la data del lieto annuncio (“il 21 novembre”), mentre il suo corrispondente da Bruxelles, Ivo Caizzi, scriveva l’opposto. Che poi, incidentalmente, era la verità: nessuna procedura pronta, nessun annuncio né il 21 né mai, anzi accordo Ue-Conte. Lo stesso Fubini che annunciò mezza dozzina di volte le dimissioni del ministro Tria, tuttora felicemente al suo posto. Chissà, forse l’Ordine ha riformato a nostra insaputa la deontologia giornalistica, raccomandando di dare o non dare le notizie a seconda del cui prodest. Infatti Fubini fa scuola. Ad agosto, non riuscendo a spiegarsi perché i social 5Stelle invocassero l’impeachment di Mattarella dopo che Di Maio e Di Battista avevano chiesto l’impeachment di Mattarella, “rivelò” che dietro l’hashtag #Mattarelladimettiti c’erano battaglioni di “troll russi”.
È il suo modo di giustificare eventi per lui ingiustificabili, dalla Brexit a Trump alle elezioni italiane quando non vince chi dice lui: il complotto di Putin. Noi siamo ancora in trepidante attesa delle conclusioni della mega-indagine sui troll made in Mosca dei pm romani Antiterrorismo, ma intanto apprendiamo dai fubini de La Stampa che “ci risiamo. Gli apparati collegati al governo russo hanno ripreso le attività di interferenza in vista del voto del 26 maggio”. Chi lo dice? Fonti? Dichiarazioni? Documenti? Macché. Le solite supercazzole che si autoavverano a furia di ripeterle: “Come hanno dimostrato le denunce fatte (da chi? quali? quando? con quali prove? boh) in occasione del referendum del 2016 e le politiche dell’anno scorso…”. Anche stavolta, è roba grossa: “In Italia sono stati individuati almeno 22 account di Twitter strumenti della propaganda russa”. Una potenza di fuoco in grado di spostare – così, a occhio – almeno 22 milioni di voti. I ghostbuster de La Stampa segnalano gli account che “usano l’arresto di Assange per promuovere posizioni anti Usa e anti Ue” (strano: l’arresto di un attivista è il fiore all’occhiello di ogni democrazia). E poi – tenetevi forte – “la pagina Fb ‘La Verità di Ninco Nanco’ con i suoi post anti Ue e anti Nato”, la cui portata terroristica non sfuggirà ad alcuno. Si attende ad horas un nuovo blitz delle teste di cuoio.
Intanto i giornaloni continuano a combattere le fake news a colpi di fake news. Venerdì, per Repubblica, Salvini aveva tolto la fiducia e “dato lo sfratto” a Conte, mentre per La Stampa gli aveva dato del “carnefice” e il premier aveva minacciato le dimissioni, tant’è che il Messaggero annunciava il “voto a settembre” perché “Matteo ha deciso: stacchiamo la spina il 27 maggio”. Poi purtroppo Matteo ha dichiarato che “il governo va avanti quattro anni”. Ma a quel punto Repubblica ha anticipato Fubini dando per certa una procedura d’infrazione fuori stagione: “Europa, pronta la stangata”. Poi purtroppo, dall’articolo si è scoperto che di pronto non c’è una cippa: “La decisione finale non è ancora stata presa” e se ne riparla “dopo il 26 maggio”. Ma, se non è oggi, è domani. E se non è domani, poi la gente si scorda tutto. L’aggettivo “pronto” si porta su tutte le bufale. Tipo l’ultima del Messaggero: “Fuga dal Reddito, in arrivo ai Caf 130 mila rinunce”, “Reddito, in 130mila pronti a rinunciare” a causa degli “importi bassi” e del “carcere per chi lavora in nero”. Ora, il carcere ai truffatori è previsto da ottobre: improbabile che chi lavora in nero faccia e ritiri la richiesta in un mese. Quanto agli importi, dipendono dai guadagni di partenza: se il reddito di cittadinanza è di 780 euro pro capite (per i single), se guadagni 500 euro te ne spettano 280, se guadagni 400 te ne spettano 380 e così via. Ma anche questo si è sempre saputo. E, non esistendo uno Sportello Rinunce con 130 mila persone in fila, è ridicolo pensare che chi riceve 300 o 400 euro al mese rinunci pure a quelli. Ma questo è il bello dei nostri ghostbuster: non sapremo mai quali fake news imputano a Putin, ma sappiamo benissimo quali fabbricano loro.
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