venerdì 24 maggio 2019

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venerdì 24/05/2019
FATTI CHIARI
De Luca ricorda Falcone: ossigeno sprecato e ipocrita

di Peter Gomez

Educazione, intelligenza e decenza dovrebbe spingere a non parlare mai di mafia quei politici che si sono fatti eleggere anche grazie ai voti degli amici dei condannati per quell’odioso reato. In Italia, però, il limite del buon senso e del buon gusto è stato ormai superato da un pezzo. Per questo quando qualcuno lo travalica non c’è più nessuno che lo faccia notare.

È accaduto anche ieri in occasione delle commemorazioni per la morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli uomini della loro scorta. Tra i tanti che hanno sentito il dovere di sprecare inutilmente ossigeno per ricordare ipocritamente il sacrificio di questo eroe italiano c’è stato pure il governatore di una regione del Sud da sempre al centro di mille polemiche. Si tratta dell’arcigno Vincenzo De Luca che nel 2015, nonostante le proteste di Roberto Saviano e del movimento antimafia, pur di vincere le elezioni accettò l’appoggio di “Campania in rete”, una lista ispirata da una serie di amici di Nicola Cosentino: l’ex sottosegretario del governo Berlusconi, legato al clan dei Casalesi e per questo condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione camorristica; a cinque anni per tentato riciclaggio con aggravante mafiosa e a quattro anni per corruzione. De Luca però soffre di cattiva memoria. O, forse, spera che le amnesie ce le abbiano gli altri.

Così, dopo aver detto nel 2016 che l’allora presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi era “una infame da uccidere” e aver definito nel 2018 “camorristi” i bravi giornalisti di FanPage autori di una straordinaria inchiesta sul traffico di rifiuti, il governatore campano oggi spiega che gli viene “da piangere” nel pensare “che sono morti per un’Italia come quella che abbiamo davanti agli occhi” perché “non era questa l’Italia e lo Stato che sognavano”.

Parole, sia chiaro, che condividiamo in toto (anche pensando a chi le ha pronunciate), ma che De Luca avrebbe potuto benissimo usare pure quando al governo c’era un signore, Silvio Berlusconi, il cui partito aveva visto tra i fondatori un condannato definitivo a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa come Marcello Dell’Utri. Il governatore, allora sindaco di Salerno, non risulta però che all’epoca parlasse allo stesso modo. Lo fa invece, con sollievo di tutti, finalmente ora. Promettendo, secondo l’Ansa, di onorare “il sacrificio di Falcone mantenendo il senso del dovere, del rigore assoluto e la dignità istituzionale”. E garantendo di fare la sua parte “come l’ha fatta lui, a fronte dei cialtroni che sono al governo dell’Italia”.

L’opinione sull’esecutivo, sia chiaro, è assolutamente libera. Il litigioso spettacolo offerto dai gialloverdi in questa campagna elettorale autorizza chiunque, anche De Luca, a dire la sua. Noi ci chiediamo però come debba essere definito un governatore che non revoca l’incarico di proprio consigliere alla Caccia e alla pesca a Franco Alfieri (il famoso sindaco delle fritture di pesce, ndr), dopo che la Dia gli ha perquisito casa e ufficio e la Procura lo ha accusato di voto di scambio politico mafioso. Alfieri è ovviamente innocente fino a prova contraria. Ma noi siamo certi che nell’Italia sognata da Falcone non ci sarebbe stato spazio per un consigliere di un presidente di Regione scoperto mentre parla per telefono con un detenuto agli arresti domiciliari (esponente del clan Marotta) di un “contratto di lavoro per pigliare l’affidamento”. Cioè per tornare libero. Nella Campania di De Luca invece lo spazio, e soprattutto una poltrona, c’è.

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