martedì 4 agosto 2015

Prove Tecniche 3


Contrapponendo azioni simultanee riuscì dopo parecchi giorni a capire gran parte della sua inquietudine; era dissennatamente persuaso di avere vita breve, dovendo interpretare i suoi stati d’animo in virtù delle sue qualità.
Alto, ma non eccessivamente, era bene inserito in una cerchia di amicizie di quelle che lasciavano intravedere possibilità di inserimento, di aiuto, di ricerca.
Soddisfatto a metà della sua attuale esistenza, si limitava all’indispensabile, senza eccedere in nulla; aveva una discreta fama di "sciupafemmine" e nell’ambiente in un certo senso era ricercato in quanto di amabile presenza, interessato a tutto con una curiosità non invadente. Sapeva e controllava il suo mondo, partecipava a eventi senza mai esagerare nel presenzialismo.
A volte, perdurando lo stato di depressione che aveva sin da bambino, spariva dalla circolazione per qualche tempo senza che nessuno sospettasse di tali problematiche che lui stesso non riusciva a decifrare.
Lasciava compagni di viaggi, che amava tantissimo, a volte attoniti davanti a dei testa coda che solo lui sapeva fare. Famosa resta quella volta a Malpensa ove, dopo aver effettuato il ceck-in per imbarcarsi per le Baleari, tornò velocemente a casa, lasciando di stucco amici e conoscenti.
Si vantava di aver viaggiato in un lontano "ultimo dell’anno", per cercare di festeggiare più arrivi di Capodanno e si narra che ne avesse vissuti almeno tre.
Era affascinante, cultore delle buone maniere, viveur in una modalità che riscuoteva successo e simpatia.

Un giorno però tutto questo cessò e non tanto per fatalità, quanto per scelta: era un giorno piovoso di novembre quando improvvisamente si trovò dinnanzi una bellezza rara, da lasciar senza fiato. La incontrò all'uscita della stazione della Metro della sua città: bionda, occhi perfettamente azzurri, un portamento senza pari, un sorriso da capitombolo, la incrociò senza proferir parola, la superò senza girarsi come uno che arrivando di corsa dentro ad un cantiere archeologico egizio, s’imbattesse nel faraone intento a sbendarsi e la sua reazione immediata fosse di un'assoluta normalità come quella di vedere un gatto strusciarsi contro una ringhiera di un assolato paese ma che invece, di lì a poco resosi conto dell'evento, l'apparente tedio venisse travolto con l'optional di conati e sudorazioni.
Dopo aver camminato per una cinquantina di metri infatti, gli ritornò in mente quello sguardo, quella persona, quella dentatura. Si girò di scatto e non trovandola si disperò amaramente. Sapeva infatti di avere una probabilità simile a quella di centrare un sei al superenalotto di rimirare quella donna. Spaesato ed invasato rifece i passi appena compiuti, ridiscese la scala e con gli occhi oramai fuori dalle orbite, si mise di punta a rimirar persone, a contemplare visi, a vedere dall’alto tutto il biondo fluttuante nell’atrio della stazione. Non trovò nulla che potesse ricordagli l’incontro anche perché non gli sovvenivano particolari ulteriori che potessero aiutarlo: il colore del vestito, le scarpe, la borsa, le mani.
Nulla.
Sapeva di aver perso l’Occasione, la mitica occasione della vita, il tram del Desiderio che non si ferma, che non ha capolinea, che corre linearmente senza concedersi un’altra volta, senza lasciar possibilità di errore, di tentennamento.
Lacrimando, tentò di mascherare lo scempio inforcando occhiali da sole tanto scuri da creargli difficoltà motoria, essendo meriggio inoltrato. Da quella sera si lasciò andare, tornando ogni pomeriggio sul luogo del misfatto, senza speranza, senza successo. Passarono i mesi e anche la sua figura subì un deterioramento continuo; peggiorava ad ogni ora, dimagrendo, il viso divenne smunto. Ricevette un giorno un video da un anonimo e si vide mentre parlava da solo, adirato con destini ed esistenza.
Perse il lavoro, cadde in miseria e con laceri indumenti iniziò a vivere nella stazione coabitando un giaciglio in cartone con un messicano esperto in sopravvivenza metropolitana.
Perse vigore, fattezze al punto che incontrando amicizie oramai passate, non venne minimamente riconosciuto.
Dopo un anno dal fatale momento, cessò di vivere tra stenti e patimenti.
Lo portarono via tra l’indifferenza generale. Solo una mano depose un fiore sul punto ove spirò. Una mano gentile, attaccata ad un corpo bellissimo, governato da occhi stupendi e da labbra che nascondevano due filari di denti perfetti autori di un sorriso mozzafiato che quel giorno però non si mostrò, essendo l’atto di pietà elargito misterioso anche all’autrice, non abituata a tali gesta misericordiose. Il mistero le fu grande, al punto che, confidandosi successivamente con un’amica non ricevette nessun aiuto in merito non sapendo, come la moltitudine dei viventi, che a volte la parificazione tra sentimenti ed attrazioni porta il fato a gestire gli avvenimenti in modo illogico ma gratificante, come se qualcosa di perduto venisse colmato da pegni d’amore, affinché non rimangano nell'aere botole tracimanti dolore, pericolose per molti, letali ad alcuni.








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