giovedì 27 agosto 2015

Detto tutto!


Dopo averlo letto, riletto, meditato, ero pronto a dire la mia sull'intervento alla holding del santo affare, meglio conosciuta come Meeting dell'Amicizia, del Giullare Toscano.
Stavo iniziando a battere i polpastrelli sulla tastiera, quando ho letto l'articolo di Marco Travaglio sul Fatto di oggi e, sentendomi come il cicloamatore che durante l'allenamento mattutino viene passato da Nibali e gregari, ho saggiamente deciso di dargli strada.
Perciò allego questo magnifico scritto che, al solito, dice tutto!

CHE FILM HA VISTO
di Marco Travaglio

Ripensando alla terrificante frase di Renzi – “Il berlusconismo e per alcuni aspetti l’antiberlusconismo hanno messo il tasto pausa al ventennio italiano, impedendoci di correre” – viene da esclamare: magari! Se davvero l’Italia fosse rimasta per vent’anni in pausa, congelata nel freezer come un sofficino Findus, come Woody Allen ibernato e poi scongelato due secoli più tardi nel film Il dormiglione, oggi basterebbe pigiare il tasto “play”, o “sbrina” e ripartire da dove ci eravamo fermati. Cioè dall’inizio del 1994, quando il debito pubblico era al 121% del Pil, cioè a 11 punti meno di oggi e alla metà in valori assoluti (mille miliardi rispetto agli attuali 2.200). Quando gli italiani erano talmente immersi in Tangentopoli da aver capito che il disastro economico e finanziario non era colpa dell’Europa, della Germania, della Grecia, della crisi globale, ma del combinato disposto di tre illegalità tutte italiane: corruzione, evasione fiscale e mafie. Infatti avevano appena abolito il finanziamento pubblico dei partiti e, con le manifestazioni sotto i tribunali, i presidi sotto il Parlamento e le contestazioni ai tangentari per strada, l’avevano costretto ad abolire l’autorizzazione a procedere per le indagini. L’uomo più popolare d’Italia era Di Pietro e il più impopolare era Craxi, non perché l’uno fosse un santo e l’altro un diavolo, ma perché simboleggiavano l’uno la legalità e l’altro l’illegalità. E, per vincere, B. dovette abbracciare il primo e scaricare il secondo. Il sistema dell’informazione, pur con tutti i suoi difetti, non aveva ancora perduto il senso dell’orientamento: quando, all’inizio del 1994, B. cacciò Montanelli dal Giornale da lui fondato perché rifiutava di trasformarlo nell’house organ di FI, tutta la stampa, la Rai e persino un pezzo di Fininvest insorsero a una sola voce.
Oggi soltanto un ragazzotto ignorante e superficiale, oppure – fate voi – molto furbo ma poco intelligente può dipingere questo ventennio come “una rissa ideologica permanente che ha impantanato l’Italia in discussioni sterili interne mentre il mondo correva”. Nella sua visione piatta, superficiale, monodimensionale della realtà, tipica dei selfisti, dei twittatori e dei navigatori della realtà virtuale, Renzi ignora la complessità della storia (o forse gli conviene ignorarla perché deve di nuovo mendicare i voti di B. e Verdini per la controriforma costituzionale). Non vede, o finge di non vedere, che in questi vent’anni l’Italia non è stata affatto bloccata, congelata, impantanata. Anzi, non ha mai smesso di correre: verso il precipizio, però.
Oggi Antonio Padellaro ricorda tappa per tappa l’interminabile corsa nel tunnel degli orrori di un Paese guidato da B. con i caperonzoli del centrosinistra “riformista” e “dialogante” nel ruolo di mosche cocchiere. Renzi divide la storia d’Italia tra un “avanti Matteo” e un “dopo Matteo”. E pensa di archiviare il ventennio come si chiude una parentesi, con un tratto di penna, anzi con un tweet: senza un’analisi, un esame di coscienza, un’epurazione almeno politica e culturale. Per vent’anni non è successo niente, a parte le risse tra berlusconiani e antiberlusconiani. Poi arriva lui e si ricomincia a correre. Magari! Il dramma è che in questi vent’anni l’Italia è peggiorata fino alla rovina, non perché sia rimasta ferma (magari?), ma perché ha camminato a passo di corsa, ma nella direzione sbagliata. Non perché i governi non abbiano fatto nulla, ma perché hanno fatto troppo e quasi sempre male (eccetto il Prodi-1): i tre governi Berlusconi, per i motivi a tutti (o quasi) noti; i governi D’Alema, Amato, Prodi-2, Monti, Letta e Renzi perché, lungi dal praticare e predicare l’antiberlusconismo, hanno proseguito il berlusconismo completandone l’opera. Nelle politiche sociali, economiche, fiscali, giudiziarie, televisive, scolastiche, culturali, ambientali. L’idea che l’Italia si salvi concentrando il potere in poche mani senza controlli, precarizzando il mercato del lavoro, con la deregulation e il laissez faire, l’impunità di massa, le grandi opere e il taglio delle tasse senza lotta agli evasori galoppa da vent’anni, affratellando i grandi partiti in un pensiero unico trasversale che non ammette smentite neppure di fronte ai suoi fallimenti ed espelle dal coro come corpi estranei le voci stonate.

Chissà in quale fiaba Renzi ha sentito parlare di una rissa permanente fra berlusconismo e antiberlusconismo: nel Palazzo, dal 1994 a oggi, s’è visto solo il berlusconismo. Dell’antiberlusconismo nessuna traccia, salvo in qualche piazza, giornale, libro o programma tv subito chiuso: tutte realtà e persone che neppure volendo potevano bloccare l’Italia e, se mai l’avessero fatto, andrebbero ringraziate. Dove sarebbero dunque gli “antiberlusconiani” che, al pari dei berlusconiani, ci hanno “impedito di correre”? Si spera, per la sua salute mentale, che Renzi non li individui nella classe dirigente del centrosinistra. Se così fosse, gli rammentiamo la confessione di Luciano Violante, capogruppo Ds alla Camera, addì 28.2.2002, regnante il governo B.-2: “L’on. Berlusconi sa per certo che gli è stata data la garanzia piena – non adesso, nel 1994 quando ci fu il cambio di governo – che non sarebbero state toccate le televisioni. Lo sa lui e lo sa l’on. Letta… Voi ci avete accusato di regime nonostante non avessimo fatto il conflitto d’interessi, non avessimo tolto le televisioni all’on. Berlusconi e l’avessimo dichiarato eleggibile nonostante le concessioni… Durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte!”. Se l’antiberlusconismo è questo, può gentilmente Renzi spiegarci cos’è il berlusconismo?

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