venerdì 16 maggio 2025

Sul Biondone

 

L’Apocalisse è rinviata
DI MARCO TRAVAGLIO
Afuria di ripetere che Trump è la fine dell’America, della democrazia e del mondo, si rischia di fargli un favore: ove mai l’apocalisse non si avverasse, lui passerebbe per un trionfatore. Ho già detto prima delle elezioni cosa penso di lui e, se lo ripeto qui, è solo per gli ultrà cretini che danno del trumpiano (o del putiniano) a chi non ripete a pappagallo le loro scomuniche manichee. Trump è il peggior presidente che potesse capitare, esclusi tutti gli altri degli ultimi 30 anni, per un motivo semplice: è un buzzurro e un affarista in mega-conflitto d’interessi, ma diversamente dai predecessori è allergico alle guerre e, sia pur con modi rozzi e sgraziati, è l’unico che prova a farle finire. Vuole spostare il confronto fra potenze dal piano militare a quello commerciale, convinto che il miglior modo di chiudere le guerre e impedirne di nuove sia fare affari insieme. Non è detto che ci riesca, ma ci conviene sperarlo. Il viaggio nel Golfo conferma, nel bene e nel male, tutto ciò che pensiamo di lui. Siccome è una canaglia, se ne frega della democrazia, del diritto internazionale e dei diritti umani, come del resto i predecessori, ma almeno non è ipocrita e non lo nasconde. Nessuna remora ad accordarsi con Putin e pure con Zelensky, a stringere patti trilionari con Bin Salman e i vari emiri, a trattare con Hamas, Houthi e Iran in barba a Netanyahu, a consacrare Erdogan come dominus di tutti i negoziati e quindi a levare le sanzioni alla Siria del jihadista filo-turco Al Jolani. Essendo costoro, per motivi politici o religiosi o d’immagine, nemici di Netanyahu, Trump non se l’è proprio filato. È l’israeliano che ha bisogno di lui, non viceversa: il legame indissolubile è fra Usa e Israele, non fra Donald e Bibi. Che ormai è così sanguinario e fuori controllo da imbarazzare gli Usa e soprattutto i loro alleati-partner vecchi e nuovi: possibile che venga presto scaricato in favore di uno meno impresentabile.
Questo caotico e frenetico vortice di vertici, negoziati, abboccamenti e avvertimenti spegnerà la “guerra mondiale a pezzi”? Mistero. Al momento gli unici successi in tema di guerre sono stati la tregua a Gaza (poi rotta da Israele) e quella fra India e Pakistan (che per ora tiene), oltre al tormentato avvio dei negoziati russo-ucraini a Istanbul (non ci sono Putin e Zelensky, ma meglio così: più basso è il profilo delle delegazioni, minori sono l’odio reciproco e le rispettive esigenze di propaganda). Anche sui dazi, dopo la folle partenza di Trump che Biden in un raro lampo di lucidità ha paragonato a chi “prima spara e poi prende la mira”, la Casa Bianca è atterrata su posizioni più ragionevoli, incassando l’accordo con Londra e l’avvio dei negoziati con Pechino e l’Ue. Non è la fine delle guerre, ma neppure la fine del mondo.

Nessun commento:

Posta un commento