Quando l’America è essenziale
di MICHELE SERRA
La nettezza con la quale Robert De Niro parla di Trump è invidiabile. Ed è molto americana (dunque: ci sono cose che possiamo ancora invidiare agli americani).
Un bullo ha preso il potere in città, la brava gente non deve lasciarsi intimidire, deve trovare il coraggio di reagire e il bullo, alla fine, non farà più paura a nessuno. Perché la brava gente ha valori forti, e quando occorre sa battersi per quei valori. Questo (sintesi mia) il racconto di De Niro.
Sembra un film di John Ford o di Frank Capra, nel quale i personaggi sono disegnati senza timore di renderli troppo “tipici”. Ci sono i chiari e gli scuri, i buoni e i cattivi.
L’ambiguità e le contraddizioni, che per noi europei (anche nel cinema) sono qualità indispensabili, non trovano posto nell’epica americana, che non ha tempo da perdere con le sfumature. E in momenti come questo, quando tutto sembra troppo difficile, e nessuna partita ancora giocabile, non è poca cosa sentire che per qualcuno la differenza tra i prepotenti e gli onesti è ancora così chiara, così evidente, e solo su quella differenza si può fare affidamento per orientarsi.
Ci chiediamo spesso, da anni, come replicare alle semplificazioni del populismo (quasi sinonimo della destra mondiale), ai suoi slogan rozzi, alla sua aggressività spiccia. Valutiamo il nostro culto della complessità e della dialettica come un impedimento, quasi una disgrazia, qualcosa che ci impiccia nei movimenti, rende incerte le parole. Che bravi gli americani quando sono bravi, quando vanno all’essenziale: poche chiacchiere, c’è un autocrate e c’è la democrazia, voi da che parte state?
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