“Trump pensa ad altro. E la pace non interessa nemmeno agli europei”
DI SALVATORE CANNAVÒ
“Con Vladimir Donald parla di Artico e Cina. Invece il Papa ha una chance”
Si tratta di un avanzamento, di un semplice pour parler o addirittura, come sostiene qualcuno, di un fallimento?
Ritengo che l’esito della telefonata confermi quello che già si sapeva: Trump non ha un interesse specifico per la guerra ucraina, che come ha ricordato il vicepresidente Usa, JD Vance, è la guerra di Biden e degli europei. Il messaggio cifrato è: risolvetevela da soli. L’idea di stilare un Memorandum a questo punto sembra inutile e il risultato è che Putin può accentuare la pressione militare e forse allargare il suo controllo sull’Ucraina, in Donetsk, in particolare, dove i russi stanno avanzando in maniera più rapida del solito.
Qual è l’obiettivo di Putin?
L’obiettivo russo, più immediato, è prendersi le quattro regioni occupate e costringere Zelensky ad ammetterne la perdita. Quello più strategico, e che dipende anche da Usa e Ue, è impedire l’accesso dell’Ucraina nella Nato che nemmeno gli Usa vogliono. Su questo ci sono posizioni diverse tra gli europei, ma è chiaro che per Putin l’obiettivo di fondo è impedire che forze militari straniere abbiano strutture e installazioni in territorio ucraino. È questa la ragione di fondo dell’intervento militare russo in Ucraina. Tutto ciò mette in seria difficoltà Zelensky, perché sul fronte militare le cose vanno male e al momento l’unica speranza è che gli Usa non tolgano l’aiuto finora garantito, almeno nel campo dell’intelligence.
Ieri è stato varato il 17° pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia: come giudica la strategia europea?
I paesi europei rimangono in una posizione marginale perché non hanno né la voglia né la capacità di ingaggiare una guerra vera contro la Russia. Il 17° pacchetto non servirà a molto se non a colpire le nostre economie: dalle sanzioni già applicate, infatti, abbiamo pagato prezzi alti con risultati zero. Al contrario, nel medio periodo, stanno trascinando la Russia in una economia di guerra e questo è oggi un fattore fondamentale da cui non sarà semplice tornare indietro.
Sta cambiando cioè la struttura interna russa?
Per dirla con parole più semplici, gli oligarchi che hanno fatto grandi profitti grazie alla guerra in Ucraina ingrossano prepotentemente le file dei falchi. E questo mette pressione su Putin, che anche se avesse voglia di fare la pace, se la farebbe passare rapidamente. Solo che una situazione simile vale anche per noi europei: il riarmo sponsorizzato dalla Germania, che vuole diventare la prima potenza militare del continente arrivando al 5% del rapporto tra spese militari e Pil, è infatti soprattutto una questione di politica industriale e di riconversione delle nostre economie, a favore di un maggior peso dell’industria militare. Se un’azienda come Rheinmetall acquista impianti Volkswagen per costruire Panzer invece del Maggiolino, lo fa perché conviene a entrambe le aziende: le cifre di cui si parla fanno veramente gola a tutti.
Qual è quindi la strategia di Trump? Aveva detto che avrebbe fatto finire la guerra in 24 ore…
Nessuno poteva prendere sul serio quella battuta. Ma c’è una linea abbastanza chiara nella strategia trumpiana. Il primo elemento consiste nell’affermare che l’Ucraina non è un affare americano. Una volta che ha dimostrato che la Russia non è una minaccia strategica, Trump può legittimare la scelta di concentrarsi sulle due direttrici che più lo interessano: la fortificazione dello spazio nordamericano e artico e poi il contenimento della Russia e della Cina. E credo che con Putin parli soprattutto di questo.
Di Artico e di Cina?
Sono le questioni che più interessano entrambi strategicamente. Prima di tutto l’Artico, la regione del futuro per via delle risorse formidabili, e perché la fusione dei ghiacci può creare la rotta più importante al mondo in grado di unire il Nordamerica e l’Oriente senza passare per Suez. Poi ci sono le risorse minerarie e soprattutto l’acqua, una commodity ormai di grande fascino visto che il problema idrico diventerà decisivo non solo per bere o per l’agricoltura, ma per l’intelligenza artificiale che ha bisogno di acqua per il raffreddamento dei data center. Per quanto riguarda il rapporto con la Cina, poi, penso che sia centrale anche la questione nucleare, cioè il rischio che l’Iran o altri paesi si dotino della bomba atomica, cosa che non conviene a Usa e Russia e nemmeno alla Cina. Sono uniti su questo punto
Sarebbe possibile uno scenario di accordi globali?
Credo che si vada concretizzando in una prospettiva non troppo lontana, quella che a Limes chiamiamo la componenda tra Usa, Russia e Cina per riscrivere i loro rapporti che non saranno mai amichevoli, ma che non possono andare oltre una normale competizione pena la distruzione totale del pianeta. Questa dinamica la si vede in diversi atti e in ogni caso, nel rapporto tra una Cina che ha messo gli Usa in una posizione di dipendenza e Trump che intende liberarla, Putin spera di essere rilegittimato agli occhi dell’Occidente che resta in cima al suo particolare ordo amoris. La guerra in Ucraina si capisce solo da questo punto di vista.
Si parla infine di un possibile negoziato in Vaticano: è una battuta?
Non è una battuta. Leone XIV ne ha discusso con Vance. Trump e Prevost non hanno lo stesso background, ma da americani hanno una mentalità pragmatica. Ricordiamo che anche sotto Francesco il Vaticano si era mosso nella direzione del negoziato, ma non lo faceva vedere. E questa è una lezione che dovrebbe essere appresa da diplomazie che sembrano pensate solo per le comunicazioni ai media: vanno molto di moda, ma non servono affatto ad arrivare alla pace.
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