La sai l’ultima sui dazi?
di MICHELE SERRA
Una eventuale tesi di laurea dal titolo “Le dichiarazioni di Trump sui dazi dal giorno del suo insediamento” varrebbe un dottorato in economia o in psichiatria? O in storia dell’arte, in quanto esperimento neo-dadaista? Ha annunciato tutto e il contrario di tutto, mosso guerra e fatto pace nel giro di un minuto, dato i numeri come un pallottoliere rotto, minacciato sconquassi e accettato bonari compromessi con gli stessi interlocutori. I farabutti del mattino diventano amiconi alla sera, il nemico da distruggere varia a seconda di dove cada sul mappamondo il dito di Donald.
I media e le Borse hanno inseguito questa vera e propria taranta di dichiarazioni con il fiato sospeso, come se le parole di Trump avessero un senso compiuto, o perlomeno un secondo fine, contenessero un calcolo politico oppure personale (Trump non distingue i due campi). Questo fa pensare che i media e le Borse dovrebbero dotarsi di ammortizzatori migliori, di un vaglio che consenta, almeno ogni tanto, di separare i fatti dalle chiacchiere.
Va bene che le chiacchiere di un presidente degli Stati Uniti contano qualcosa di più di quelle di un fanfarone qualunque: ma se ogni giorno cambiano l’umore e lo scenario, possibile che non si possa tentare, almeno tentare di mettere, tra Trump e la realtà, la giusta distanza? Dell’umoralità delle Borse si è molto scritto, è come se perfino l’economia avesse dei sentimenti, per esempio panico ed euforia (i sentimenti di mezzo non risultano). Ma i media, non potrebbero mettere la quotidiana esternazione di Trump sui dazi tra le brevi di cronaca, come esercizio di indipendenza critica?
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