Francobollo sarà lei
DI MICHELE SERRA
Per la serie “le parole inutili” mi unisco a Corrado Augias e ai tanti italiani che, considerando «deplorevole» la figura politica di Berlusconi, giudicano deplorevole dedicargli un francobollo (e vedrete le strade, le piazze, i luoghi pubblici: basta aspettare).
Ma ho piena coscienza del giubilo che quel francobollo suscita in almeno altrettanti italiani per i quali le stesse cose per noi deplorevoli sono invece un invidiabile esempio di simpatia, savoir-faire, seduttività, entusiasmo, qualità opposte al grigiore dell’etica pubblica e più in esteso del senso della misura, che fu la migliore qualità della borghesia e della classe operaia (mi permetto di dire, semplificando: le due sole potenziali classi dirigenti sulle quali l’Italia avrebbe potuto contare, non fossero state entrambe travolte dalla mutazione della politica in una branca del marketing, dei cittadini in consumatori, delle classi sociali in una nebulosa indistinta di clienti. Mutazione della quale Berlusconi fu il primo artefice).
Chi si oppose tenacemente e inutilmente al mondo di Berlusconi era ancora appeso, in un modo o nell’altro, a categorie etiche e stili messi in minoranza dall’evoluzione sociale. Resta da vedere, naturalmente, a cosa ci porterà, o ci ha già portato, questa mutazione. Comunque vada a finire, Berlusconi rimarrà per sempre, per quelli come me, non tanto quello dei soldi facili e delle figuracce mondiali, quanto quello che disse ai suoi venditori: il pubblico ragiona come un bambino di otto anni. Chi fatica a riconoscersi in quell’insieme puerile e docile costituisce, bel al di là delle idee politiche, l’Italia che si è battuta contro di lui. E ha perso, ma è felice di non essere come lui.
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