Hamas in toga
di Marco Travaglio
Crosetto sembrava uno dei pochissimi ministri muniti di un cervello funzionante. Abbiamo denunciato il suo conflitto d’interessi di presidente e consulente dei costruttori di armi che diventa ministro della Difesa. Ma, le rare volte in cui siamo d’accordo con lui, non abbiamo difficoltà a dirlo: per esempio sull’urgenza di un compromesso Ucraina-Russia e sulla prudenza nella guerra Israele-Hamas. Perciò, quando gli parte la brocca, ci poniamo domande che per un Lollobrigida, una Santanchè, uno Sgarbi, un Gasparri sarebbero oziose: che gli sta capitando? Che si è bevuto? Quest’estate denunciò un oscuro complotto a base di “dossieraggi” e “nuove P2”: poi si scoprì che un finanziere indagava per un pm su alcuni suoi soci poco raccomandabili. Ora torna alla carica, anzi alla scarica, evocando sul Corriere un’altra congiura perché ha sentito dire di riunioni di magistrati carbonari per colpire il governo a indagine armata. L’attacco preventivo ricorda il metodo Gasparri, che, interpellato da Report sulla società di cybersicurezza da lui presieduta all’insaputa del Parlamento, inscena un interrogatorio a Ranucci a base di carote e cognac per poter dire che, quando il servizio andrà in onda, non è un’inchiesta giornalistica, ma una vendetta personale. Ma il caso di Crosetto è ancor più grave perché nessuno, a parte lui, può sapere se esista un’indagine in grado di terremotare il governo, e a carico di chi. Dunque, appena si scoprirà una qualunque indagine su qualunque esponente di centrodestra, lui potrà alzarsi in piedi e strillare: “Io l’avevo detto!”. E soprattutto: “Non è un’indagine, ma un attentato al governo”. Ma questa, nel dizionario della lingua italiana, si chiama intimidazione.
Se un pm già indaga, magari con l’ausilio di qualche carabiniere, ora sa di essere nel mirino del ministro responsabile dell’Arma dei Carabinieri: se vuole vivere sereno gli conviene archiviare tutto (altrimenti prenderà pure un brutto voto nella “pagella” inventata dalla Cartabia e peggiorata proprio ieri da Nordio). E se in futuro un carabiniere scoprirà una notizia di reato su un esponente o un amico del governo, saprà cosa fare per salvarsi la carriera: inguattare tutto. In un clima del genere, immaginare che esistano frotte di magistrati ansiosi di rovinarsi la vita indagando sui padroni d’Italia, anzi di organizzare apposite riunioni per inventare inchieste contro il governo, è non solo ingenuo, ma ridicolo. Basta controllare i sotterranei delle procure, dove pm e agenti stanno già scavando tunnel come sotto gli ospedali di Gaza: non per cospirare contro la Meloni e i suoi fratelli, ma per nascondersi appena salta fuori un loro reato. Nella speranza di non essere mai più trovati, né tantomeno liberati.
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