domenica 20 agosto 2023

Azov Daniela!

 

La vera controffensiva è dei fanatici degli Azov
DI DANIELA RANIERI
Un sentore si era avuto già qualche giorno fa, quando sulle pagine del principale quotidiano italiano era tornata una vedova Azov (mogli e fidanzate dei soldati del battaglione Azov spopolarono nel tour primavera-estate 2022, ricevute dal Papa e da Bruno Vespa), la fotogenicissima Maria (“Maria, Alona e l’amore perduto”). La mozione degli affetti serve sempre a preparare il terreno. Il 18 agosto, un secondo indizio: gli articoli in copia carbone. La Stampa: “Azov, il ritorno degli eroi”; Corriere: “Tornano i combattenti dell’Azov”.
Ieri sul Corriere si è alzato il sipario per il ritorno in grande stile: “Tecnologica e agile, ecco la nuova Azov ‘Le idee di ultradestra? Ricordo del passato’”.
Allora: intanto, s’apprende, presso gli Azov giravano idee di ultradestra, ma tu pensa; non erano i putiniani d’Italia a insinuarlo, diffondendo la propaganda russa. Noi eravamo rimasti che gli Azov erano giovani byroniani idealisti, che alla sera leggevano Kant al fuoco dei campi, lottavano per un mondo più giusto e le loro canzoni ricordavano pari pari Bella ciao, la canzone della nostra Resistenza. Sicuramente combattevano per la democrazia occidentale, da cui le loro letture e le amicizie con gli intellettuali vip del mondo libero, come l’ex nouveau philosophe Bernard-Henri Lévy, che a maggio 2022 intervistava per Repubblica via Zoom “Cyborg”, il soldato Azov con l’occhio di vetro. In quell’occasione, un Lévy illanguidito e ammaliato dal pallore eroico di Cyborg ammise che, sì, “il battaglione ha una pessima reputazione. Che all’inizio, come tutti i gruppi di resistenza di questo mondo, ha raccattato chiunque sapesse o fosse in grado di usare un’arma, compresi elementi di estrema destra”, mentendo, visto che i nostri partigiani non raccattavano certo i fascisti, bensì li accoppavano, e non l’hanno fatto manco il PKK curdo, Fidel Castro o Che Guevara, e soprattutto sorvolando sulle idee antisemite e filonaziste del battaglione, documentate da inchieste del Guardian e della Bbc; poi millantava di poter organizzare il salvataggio, pregando Cyborg di non cedere al richiamo della morte che tanto affascina gli intellettuali decadenti francesi.
Del resto che gli Azov fossero neonazisti lo sapeva anche Zelensky, che all’inizio della sua presidenza voleva emarginarli, ma poi li inquadrò strutturalmente nella Guardia Nazionale ricostituita nel 2014 dopo Euromaidan, insieme alle altre schegge estremiste, “gruppi armati assemblati in fretta all’interno delle forze ucraine, che comprendevano molti soldati e battaglioni di volontari mobilitati rapidamente”, ciò che ha “portato a un dominio sfrenato delle armi, con uomini armati che ricorrevano alla violenza verso i civili, specialmente verso coloro che disobbedivano’ ai loro ordini”, come recita un rapporto dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.
Ieri, dunque, il Corriere intervistava il “commissario culturale” del nuovo battaglione Azov, ovvero del “gruppo militante del nazionalismo ucraino accusato sia da Mosca, che da una parte rilevante degli intellettuali europei, di essere legato ai gruppi dell’estrema destra neonazista”, ciò che fa precipitare un po’ tutto il pezzo nell’aporia che se il gruppo non è mai stato neonazista, non si capisce da quale ricordo del passato stia prendendo le distanze il “commissario culturale” (i “commissari culturali” erano figure di spicco del fascismo – poi dice che uno non se le va a cercare – e a dire il vero anche dell’Urss). A quanto pare la Turchia ha lasciato che alcuni prigionieri Azov tornassero in Ucraina, violando gli accordi coi russi, ai quali era stato promesso che sarebbero rientrati in patria solo alla fine della guerra. Ma l’entusiasmo è incontenibile: ci sono “quasi 4000 volontari inquadrati nella nuova brigata ‘Numero 12’ risorta dal ‘martirio’ dei padri fondatori. ‘Neonazisti fanatici’, come proclama Putin; oppure generosi disposti a sacrificarsi per la libertà e l’indipendenza dell’Ucraina?”. Domanda retorica. L’Azov 2.0 è “agile”, smart, è la versione startup di un esercito: “I russi vedranno presto la differenza”, dice il commissario culturale, “i nostri nuovi soldati sono stati addestrati dai reduci della battaglia nelle acciaierie Azovstal… Gente dura, motivata, abituata alle nuove tecnologie della guerra, agile con i droni e nelle sfide informatiche”. Il battaglione ha cambiato ufficio stampa e i nostri giornali si allineano immediatamente, fosse la volta buona per la tanto agognata controffensiva.
Bentornati Azov, dunque, e viva la guerra a oltranza; del resto per un momento alla stampa d’establishment sono piaciuti pure i macellai della Wagner, i mercenari al servizio dei russi, quando sembrava che volessero fare un golpe contro Putin portando libertà e giustizia in Europa, evitando che i cosacchi abbeverassero i cavalli nelle fontane di San Pietro e in men che non si dica raggiungessero “Lisbona” (sic).

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