sabato 12 agosto 2023

A Michela

 

La coraggiosa “piantagrane” che aveva qualcosa da dire
DI MICHELE SERRA
Murgia è stata una intellettuale frontale. Nella sua impavida azione verbale, in larga parte spesa sui social, ha incarnato l’antitesi. Fronteggiando una tesi che, al netto di ogni sussulto e rivolgimento, ha l’inerzia dei millenni e la potenza delle abitudini: la supremazia maschile e l’organizzazione patriarcale della società.
Come se le (e ci) mancasse il tempo per la sintesi – troppo tardi, troppo fiato sprecato, troppo lunga la tregua concessa al nemico – Murgia si è spavaldamente, a tratti perfino allegramente esposta come leader di un “tutto e subito”, e di un radicalismo anche linguistico, che potevano irritare o appassionare. Sicuramente molto spendibili in chiave social, laddove la dialettica è stritolata nella tenaglia degli amici e dei nemici, della ragione tutta da una parte o tutta da quell’altra. Logica binaria anch’essa, vale constatarlo.
È molto probabile che la sintesi, l’“andare oltre”, il superamento di quella furente disputa di genere, e sui generi, per lei fosse la letteratura; non perché nei libri “parlasse d’altro”, ma perché ne parlava diversamente, meno condizionata dall’ansia di prestazione che costruisce buona parte del pathos social.
Ed è altrettanto probabile che abbia sacrificato più di un libro al “tempo pieno” consacrato alla polemica pubblica e al suo ruolo di leadership intellettuale. Ruolo, quest’ultimo, che non sempre coincide con gli spazi appartati e i tempi larghi della scrittura letteraria. Nessuno può dire se, libera dalla malattia, avrebbe prevalso in lei, alla lunga, l’artista o l’intellettuale. Forse “scrittrice” vuol dire entrambe le cose. Ma forse no: troppo diversi gli scopi.
Certo la prepotente presenza polemica, e l’efficacia della sua forma, le sono costati il prezzo, di piccolo valore ma di grande violenza, dello spregio della destra più sconcia - vecchi maschi furibondi, forse perché così inferiori a lei per livello culturale e intensità umana. Ma il segno lasciato dalla sua tempra, dalla sua passione agitatoria, resta, ed è forte.
Per quel pochissimo che conta, e per fare un esempio chiaro, devo a una polemica sollevata daMurgia qualche anno fa l’opportunità di avere imparato qualcosa che non sapevo e di avere visto qualcosa che non vedevo. Mi accusò, insieme ad altri maschi di età svariata e di svariato potere, di avere accettato di partecipare a un “manel”, cioè a un evento di soli maschi in quel di Verona. Non sapevo che cose fosse un “manel” (neologismo, è una crasi tra “man” e “panel”), l’ho imparato e ho imparato a fare più attenzione, da allora in poi. In quel caso, essendo il manel diluito in un mese di Festival (io dovevo intervistare Gianni Morandi) accorgermene non era affatto semplice. Dunque ebbi la tentazione dell’alzata di spalle. Se non lo feci, fu perché ogni tanto si riesce ancora a leggere e ad ascoltare anche ciò che disturba. Se non ci fossero le mentalità antitetiche (Murgia all’ennesima potenza) sembrerebbe lecito e normale tutto ciò che lecitamente e normalmente accade. E sembrerebbe illecito e anormale tutto ciò che esce dalla norma, soll eva eccezioni mai sentite, e “pianta una grana” su basi poco comprensibili, a meno che le si voglia considerare, quelle basi, e ascoltare la voce che le indica.
Sulla normalità, il già visto e già sentito come valori guida («si è sempre fatto così»), è costruito l’edificio delle peggiori ingiustizie e delle più subdole (perché accettate) discriminazioni. La destra di tutti i tempi, e in tutto il mondo, sulla dittatura della normalità, intesa come riproduzione eterna delle gerarchie e delle abitudini esistenti, fonda le sue fortune. E molta sinistra ha perduto, o per pigrizia o per eccesso di buon senso, il valore dello scandalo intellettuale. Piantagrane come Michela Murgia, tirandosi addosso, come fanno i parafulmini, certe tempeste politiche e culturali, servono a catalizzare energie altrimenti disperse nel mare del conformismo.
Diverso per carattere e per linguaggio, ben più che diverso per “genere”, da Michela Murgia, ammiro la sua energia e il suo coraggio; e – cosa meno facile – le riconosco una capacità di disvelamento, di contrapposizione cocciuta, che non è solamente degli “estremisti”. È di chi ha qualcosa da dire, ammesso che esista ancora chi ha voglia di avere qualcosa da ascoltare.

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